Per capire fino in fondo il potere travolgente delle opere di Mario Schifano (Libia, 1934 ‒ Roma, 1998) bisogna almeno una volta lasciarsi andare liberamente nella vastità della sua produzione. Dal 2 giugno, e fino al 29 ottobre 2023, è possibile compiere questo viaggio alle Gallerie d’Italia a Napoli dove nel primo anniversario del nuovo spazio espositivo, è in scena la mostra Mario Schifano: Il nuovo immaginario 1960-1990, che espone più di 50 lavori della produzione dell’artista dagli anni Sessanta agli anni Novanta, provenienti dalla Collezione di Intesa Sanpaolo e da altre importanti istituzioni culturali, oltre che da gallerie d’arte e collezioni private nazionali ed internazionali.
La selezione delle opere, curata da Luca Massimo Barbero, abbraccia i temi centrali della produzione di Schifano, rendendo chiara al pubblico l’evoluzione continua e costante dei suoi lavori sempre al passo con le novità del suo tempo. Sala per sala si costruiscono momenti di approfondimento partendo dagli anni ‘60 con i monocromi, per poi passare alle più celebri insegne con cui diede inizio alla sua riflessione sulla comunicazione e sul simbolo nell’era della globalizzazione che stava appena per iniziare. Inevitabile l’omaggio ai futuristi, al corpo in movimento, al dinamismo e alla Libia con il ciclo di stelle e palme che ricordano i paesaggi vissuti durante la sua infanzia. Ancora i paesaggi, ma declinati in un’accezione più moderna, sono la punta di diamante dell’esposizione. Scorrono, infatti, come immagini televisive lungo il corridoio del primo piano i suoi Paesaggi TV, opere degli anni ’70 per la prima volta esposte al pubblico, realizzate con tecniche innovative da cui emergono istantanee che evocano i suoi maestri, come Giorgio De Chirico, Leonardo Da Vinci e Pablo Picasso, e fatti di cronaca. Sono immagini capaci di farci capire come Schifano accolse con fervore il nuovo immaginario che si stava affacciando nella società contemporanea, cercando di avvicinare gli scettici a questo nuovo mondo anche attraverso la sua pittura. La selezione delle opere, dunque, è vasta e centrata. Unico problema sono gli spazi espositivi, non nati con questa destinazione d’uso, che non permettono alle opere di esprimere tutta la loro vitalità chiuse come sono in piccole sale, divise tematicamente senza la possibilità di poterle raffrontare tra loro ed accendere nel visitatore quel gioco di confronto e immersione nella diversità dei metodi creativi. Tutto questo è invece possibile nell’ultima parte dell’esposizione, nel grande salone Toledo al piano terra, destinato all’esposizione della grande pittura della fine degli anni ’80 e inizio ’90. Qui avviene l’esplosione. Le opere dialogano tra loro e con lo spettatore che viene invitato a sedersi, a prendersi del tempo per ammirare ogni minimo dettaglio lasciandosi sopraffare dall’immensità di questi lavori. Ci si sente, entrando nel salone, come quando la persona seduta accanto a noi in treno scende, e noi siamo finalmente più comodi, più a nostro agio, più liberi di abbandonarci ai pensieri e alle sensazioni, di goderci il nostro viaggio nella creatività della mente. La mostra ci permette sicuramente di entrare nei processi rivoluzionari, nell’estro fecondo e fantasioso della psiche di uno dei più grandi artisti italiani, ed è l’occasione per iniziare ad avvicinarsi e cercare di capire meglio l’immaginario creativo di Mario Schifano.