Scioperare il 17 novembre è una necessità democratica. L’adesione a questo sciopero va infatti oltre le stesse rivendicazioni alla base della mobilitazione, in quanto è anche una risposta all’attacco politico che il Governo – nella figura del Ministro delle infrastrutture – ha mosso al diritto di sciopero attraverso l’istituto della precettazione.
Le ragioni puntuali dello sciopero sono note e riguardano la condizione di impoverimento di aree crescenti del lavoro dipendente e autonomo a causa dei bassi salari e redditi e dell’inflazione crescente, nei confronti dei quali le politiche del Governo sono del tutto prive di efficacia e di volontà di contrasto. Più complessivamente, esse si riferiscono alla necessità di difendere settori pubblici essenziali, specialmente la sanità e l’istruzione, compresa quella universitaria.
Nel ruolo di docenti – dunque di lavoratori di un’istituzione che a livello globale si è sempre più trasformata in fabbrica della conoscenza, basata sulla precarietà delle condizioni di lavoro, sulla subalternità al mercato e sulla subordinazione alla ricerca di finanziamenti privati, con l’esposizione anche ai rapporti con le imprese produttrici di armi e dispositivi di controllo sociale – riteniamo necessario aderire, formalmente e materialmente, allo sciopero.
La precarizzazione del lavoro nelle università – attestata dalla moltiplicazione delle figure di ricercatori al suo interno, che, nonostante l’emorragia costante di docenti, restano prive da lungo tempo di un piano di reclutamento ordinario e sufficientemente finanziato, a cui riferirsi per dare senso e speranza concreta al loro lavoro di studio e insegnamento – va di pari passo non solo con la messa in ginocchio di fondamentali settori della vita, in particolare istruzione e sanità, ma più complessivamente con la banalizzazione del lavoro, che perde diritti ma anche senso agli occhi di chi lo svolge. È quanto accade a tanti di noi costretti ad assecondare procedure burocratiche che assorbono tempo ed energie sottratte alla ricerca. Si pone, dunque, il problema del senso del lavoro, della sua liberazione dai processi e dai rapporti di alienazione, anche all’interno delle fabbriche della conoscenza. E si pone sempre più, a fronte del montare di un clima culturale pericolosamente neoautoritario, la necessità di vigilare costantemente in difesa della stessa libertà accademica.
Siamo, ovviamente, consapevoli che non può essere una giornata di sciopero a risolvere queste questioni strutturali, ma sappiamo anche che, se non ci mobilitiamo con le altre lavoratrici e gli altri lavoratori per mettere in discussione il presente, nessuno lo farà al posto nostro. Ci impegniamo a fare in modo che questa giornata concorra ad avviare un processo di mobilitazione più generale, che coinvolga tutte le componenti del mondo universitario: per riattivare il ruolo critico dell’università, ma anche nella più generale convinzione che solo una costante spinta civile dal basso, una rivendicazione forte e generalizzata di salario, di welfare e di risorse, e allo stesso tempo di democrazia, di diritti, di libertà e di uguaglianza, può riaprire la possibilità di una via di uscita dalla crisi, nazionale e globale, che stiamo attraversando.
Per queste ragioni, aderiamo allo sciopero del 17 novembre 2023.
Le/i docenti:
Amendola Adalgiso
Avallone Gennaro
Bubbico Davide
Francesco Vitale
Valentina Ripa
Davide Monaco
Vincenzo Esposito
Francesco Schiaffo