È uno dei personaggi letterari tra i più amati e discussi, che tanto ha dato da scrivere ad autori e intellettuali nel corso dei secoli – a partire da Dante Alighieri, passando per Alfred Tennyson fino a James Joyce, Umberto Saba e Konstantinos Kavafis. Grazie a Maria Teresa Giaveri, autrice di Nei mari di Ulisse – Sulle tracce di Omero alla scoperta di Palmira (edito da Neri Pozza, 2023), la letteratura di viaggio si fa prezioso strumento per avanzare una nuova, intrigante lettura dell’opera che ha fatto la storia della letteratura occidentale: è davvero Odisseo l’uomo che arriva ad Itaca e riesce a liberare l’isola dall’assedio dei Proci?
Traduttrice, giornalista e studiosa di letterature moderne di lingue neolatine, esperta di processi di genesi testuale, Giaveri si è occupata in particolare dell’opera di Paul Valéry – del quale ha pubblicato, nel 2020, la corrispondenza con Albert Einstein – e di Colette, della cui opera ha restituito in italiano, per i Meridiani Mondadori, la prima proposta organica. Alle spalle, un illustre percorso accademico nelle università italiane – dove ha insegnato a lungo Letteratura Francese e Letterature Comparate – e al CNRS francese; nominata Chevalier des Arts et des Lettres, ha ricevuto nel 2022 il “Premio Montale Fuori di casa” ed è membro dell’Accademia delle Scienze di Torino e dell’Accademia Peloritana.
Nei mari di Ulisse è, per Giaveri, un’esperienza letteraria nuova: si tratta infatti di un romanzo – genere con cui l’autrice non si era mai completamente cimentata in precedenza – ispirato a fatti storici realmente accaduti (il ritrovamento di Palmira) e intrecciato a una profonda riflessione sul personaggio di Ulisse. Riflessione che dà spazio a nuove interpretazioni del testo originale, nella traduzione di Guido Paduano, osservandolo da un inedito e sorprendente punto di vista, che si allontana dalla tradizione e anzi accentua l’impressione che, di Omero e del suo personaggio, si conosca ancor meno di quanto si creda.
La storia narrata ha inizio nel 1750, con la partenza – dopo una lunga organizzazione cominciata a Londra – del trealberi “Matilda” dal porto di Napoli, bastimento fornito di ogni comodità e soprattutto di una ricca biblioteca. Diretti a Levante, i tre gentlemen a bordo, grecisti di Oxford, desiderano saperne di più su Omero; con loro, un artista italiano che, con i suoi disegni, dovrà documentare le scoperte imminenti. Un viaggio lungo le coste mediterranee che farà tappa in Grecia, in Turchia e in Egitto, per poi trasformarsi in una spedizione archeologica sulle tracce delle antiche città di Palmira e Baalbeck. L’accurata rievocazione del viaggio si carica della finzione narrativa, che riguarderà soprattutto i serrati confronti dei protagonisti circa le opere omeriche e sarà costellata di brillanti intuizioni, sfiorando quelli che sono stati i temi più dibattuti all’interno della questione omerica: tra questi, la datazione delle opere e l’identità dell’autore (l’autore dell’Iliade e dell’Odissea è davvero lo stesso? C’è più di una mente dietro la trama dell’Odissea? E se Omero fosse stato, in realtà, una donna?). Coinvolto nelle discussioni e nelle letture, il disegnatore avanzerà un’ipotesi sconvolgente, insinuando il dubbio circa l’identità dell’uomo che riesce, nella parte conclusiva di quello che è il poema del viaggio per antonomasia, a raggiungere finalmente Itaca. È proprio Ulisse?
È qui che l’indagine dei personaggi finisce in qualche modo per coincidere con l’indagine dell’autrice stessa: un’idea, un interrogativo che le balenò alla mente circa vent’anni e fa e che decise di mettere su carta anche grazie all’incoraggiamento di Giuseppe Pontiggia, per poi accantonare temporaneamente il progetto.
Dal dialogo con Maria Teresa Giaveri emergono poi altre interessanti considerazioni: in primo luogo, sulla figura di Penelope e il suo ruolo di moglie. La regina di Itaca, spiega l’autrice, in questa rilettura ha un ruolo politico accresciuto: infatti, il ritorno – seppur rischioso – di un sedicente Ulisse, rappresenta per lei l’opportunità di liberare il regno dall’oppressione dei Proci. Ancora una volta in Omero, il “multiforme ingegno” non ha genere. Infine, cosa pensa davvero Giaveri della questione omerica? In qualità di traduttrice, ella non ritiene che lo stile di un autore possa svelare molto di lui: sulla scia di Proust, Giaveri crede che la finzione letteraria sia difficile da sondare. Seguendo il consiglio dell’autrice, sarà bene tuffarsi nei mari di Ulisse senza pregiudizi, “viaggiando” nel romanzo animati da spassionata curiosità.