Ué, il mezzo passo falso di Walter Ricci

Il cantante ha un formidabile curriculum alle spalle ma deve ancora crescere per affermarsi come nuova star di un movimento culturale napoletano

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Parliamo di un cantante napoletano, certamente molto di più che un emergente del jazz e che deve assolutamente ancora crescere per affermarsi come nuova star di un movimento musicale napoletano. Walter Ricci ha un formidabile curriculum alle spalle. Intraprende, fin da piccolo la sua carriera musicale, grazie al padre che lo inizia a diversi stili e generi musicali (qui l’errore marchiano: un padre non dovrebbe interferire nelle scelte musicali del proprio figlio,  proprio come dovrebbe accadere in tutte le famiglie: mai entrare in quello ognuno sceglie per il proprio futuro). Ricci, comunque, inizia ad apprendere la tecnica dell’improvvisazione, grazie anche allo studio del pianoforte; è attratto dai colossi come Frank Sinatra, Tony Bennet ed Ella Fitzgerald ed approfondisce lo studio del piano, specializzandosi da subito in tecnica dell’improvvisazione e in pochi anni calca i palchi più ambiti e importanti dei jazz club nazionali, esibendosi con musicisti di chiara fama. A 14 anni il cantante, che si incanala verso il jazz, suona già con il suo quartetto e a 17 anni, nel 2006, vince il prestigioso ‘Premio Massimo Urbani’. L’anno dopo vince il premio ‘Chicco Bettinardi’ al Piacenza Jazz. Due anni dopo conosce Stefano Di Battista, con il quale ha l’onore di suonare nelle sue tournée italiane e all’estero. Nello stesso anno la sua voce compare all’interno dell’album ‘Touch’ di Lorenzo Tucci, uno dei batteristi jazz di maggior talento in Italia e poi con Guido Pistocchi in ‘Spring Time’. Segue la collaborazione con Mario Biondi e poi con Daniele Scannapieco, con il quale registra il bellissimo album dedicato a Cole Porter. Duetta anche con Michael Bublè. Nel 2016 vince il festival ‘New Wave’ a Sochi in Russia. In questa occasione canta un brano scritto con Stefano Di Battista.

Ricci, voce che potrebbe ottenere di più, registra un singolo il cui titolo è ‘’ ed il brano-canzonetta, disponibile su tutti gli store digitali. Riteniamo sia un ‘passo falso’ da parte del napoletano che lascia una traccia che forse è meglio non ascoltare. Il singolo dovrebbe lanciare l’ennesimo project chiamato ‘Naples Jazz’. Walter Ricci sarà anche un talentuoso cantante e pianista jazz, sarà anche napoletano, ma il brano, prodotto dall’etichetta discografica di Grumo Nevano ‘Mr. Few’, dimostra di aver poco jazz,  rivelandosi la canzonetta sì carina, ma che crea penalità al suo splendido passato. Se dovesse venirne fuori un album si spera ardentemente che il resto della track list possa essere all’altezza di uno che ha collaborato con artisti sopra menzionati. In questo brano amorfo sono presenti Luigi Del Prete alla batteria, Antonio Napolitano al contrabbasso e Gianfranco Campagnoli alla tromba. Con ‘Uè’, Walter Ricci crea un connubio forse anche perfetto tra lo swing e la radice napoletana, regalando al pubblico un sound anche fresco ma non jazz. Paroliere del brano è Alessio Bonomo e il pezzo ti porta indietro alle songs di Carosone. La critica, comunque, considera Walter Ricci, come la ‘next big thing’ (La prossima grande cosa); noi crediamo abbia bisogno di crescere ancora visto che il suo talento e la sua passione per la musica sono indiscutibili.

Nel 2023 Walter Ricci interpreta e dà voce a Fred Buscaglione nello spettacolo teatrale intitolato ‘Fred!’, con Fabrizio Bosso e la regia di Arturo Brachetti, andato in scena a Torino al teatro Carignano (per dodici giorni) registrando dodici sold out. A gennaio 2024 la Fondazione Ravello mette in scena, all’Auditorium Oscar Niemeyer, la Salerno Jazz Orchestra. diretta da Sandro Deidda e con la voce di Walter Ricci come guest star. Il cantante, però, deve ancora maturare, ha probabilmente i mezzi per poterlo fare ed un ampio margine di miglioramento.

Napule’s Power forever

A Napoli pare, tuttavia, che qualcuno abbia una voglia matta di ‘imitare o contrapporsi’ a quel movimento ‘Napule’s Power’ creato proprio dallo storico produttore discografico e scopritore di talenti, giornalista, scrittore, autore e conduttore Rai, direttore responsabile del mensile Cine Corriere, del nuovo Ciao 2001 e tra le voci più popolari di Radio Rai che risponde al nome di Renato Marengo. L’ideatore e promotore, in sintesi, negli anni settanta, si questo storico ‘movimento musicale’ … chiamato appunto ‘Napule’s Power’. Pare che gli si voglia fare da contraltare con il battesimo di un ‘Naples Jazz’ coniato improvvisamente non si sa da chi! Non c’è pace, quindi, nemmeno nella musica, non c’è rispetto per le produzioni, manca il riconoscimento nei confronti di chi ha creato, a Napoli, orami da decenni qualcosa di storico. Prima di dedicarci a Walter Ricci, il cui curriculum parla di cose egregie, occorre ricordare che Marengo ha aggregato artisti da lui prodotti per le maggiori major italiani e il recentissimo testimonial ufficiale della Napule’s Power è Antonio Onorato, che ha presentato l’omonimo progetto discografico del quale abbiamo parlato nelle scorse settimane.

Questo è quello che dice proprio Renato Marengo nel libro ‘Napule’s Power’ (Movimento Musicale Italiano) edito da ‘Tempesta Editore’ 16 giugno 2021: «Era il 1971 quando per la prima volta pensai di usare la definizione ‘Napule’s Power’ per aggregare e guidare la vita musicale partenopea. Ricordo che erano gli anni del ‘Black Power’, il ’68 non era passato da molto tempo e, proprio allora stava partendo una grande onda che, alla fine, coinvolge musicisti legati alla ricerca colta e popolare: artisti folk, autori dal curriculum internazionale, giovani appassionati di rock’n’roll e artisti visionari. Artisti che conoscevano le proprie radici e che avevano ben presente le loro tradizioni, ma con uno sguardo al futuro e una precisa volontà di cambiamento … sia artistico, personale che politico. Musicisti usciti dal conservatorio di San Pietro a Majella o cresciuti nell’università della strada. Musicisti che da ragazzini ascoltavano, e assimilavano, i suoni che riecheggiavano al porto subito dopo la guerra: le canzoni americane, il jazz, il rock’n’roll, arrivati al successo negli anni 1970/80 e poi diventati il punto di riferimento delle nuove generazioni, della Napoli anni ’90, della nuova onda legata al rap, e oggi ancora di tutte le grandi novità che animano la città. Tutti, in comune, hanno avuto l’opportunità di vivere in una città come Napoli: crocevia di civiltà, luogo di incontro tra persone diverse, punto di snodo di contaminazioni, fucina di grandi idee, serbatoio della grande tradizione della canzone e luogo che per definizione è una fucina di creatività».

Gli artisti del Napule’s Power sono rappresentati, oltre che dal chitarrista vesuviano Antonio Onorato: The Showmen, NCCP, James Senese-Napoli Centrale, Alan Sorrenti, Pino Daniele, Edoardo Bennato, Osanna, Roberto De Simone, Tony Esposito, Tullio De Piscopo, Enzo Gragnaniello, Eugenio Bennato-Musicanova, Teresa De Sio, Enzo Avitabile, Antonio Infantino, Franco Del Prete, Lina Sastri, Jenny Sorrenti-Saint Just, Peppe Servillo-Avion Travel, Daniele Sepe, Concetta Barra, Peppe Barra, Luciano Cilio, Armando Piazza, Mario Schiano, Alberto Pizzo, Ciccio Merolla, 99 Posse, Almamegretta, Raiz, Clementino, Rocco Hunt, A 67, Patrizio Trampetti, Pietra Montecorvino, Patrizia Lopez, Antonio Onorato e tanti altri, producendo le musiche de ‘Il Masaniello’, ‘L’Opera d’e muorte ‘e famma’, ‘Brigante se more’, ‘Opus Avantra’, di Roberto Ciotti, e di Alberto Pizzo’.

La grande confusione

Oggi qui stiamo parlando non tanto di Roberto Marengo ma del grande disordine che si viene a creare, inventando un altro movimento che pure dovrebbe avere le stesse finalità, rimarcando il potere del jazz e della musica colta partenopea! Antonio Onorato, in pratica e ad esempio, ha sempre cercato nuove strade, attuando la sperimentazione continua cercando nuovi sounds. Onorato resta grande musicista e compositore jazz, artista-simbolo del riscatto napoletano in chiave jazz, new wave, jazz-blues anche se proviene dal blues e del rock. In tutto questo Antonio Onorato può permettersi di battezzare il sentire di una rivoluzione musicale, un qualcosa che cova ancora nella cenere ardente e in attesa di esplodere. Ma oggi si può sopportare una sterile gara tra chi azzecca il nome giusto e che tra l’altro è esistente dal 1970? Parlare di questo ‘Naples Jazz’, vedi Walter Ricci, non è corretto, e fa capire di una scarsissima fantasia.

Antonino Ianniello

Nasce con una spiccata passione per la musica. Si laurea in lettere moderne indirizzando la scrittura verso il giornalismo, percorre in maniera sempre più approfonditamente e competente le strade della critica musicale, pubblicando numerosi articoli su jazzisti contemporanei e prediligendo, spesso, giovani talenti emergenti. Ama seguire il jazz, blues e fusion e contaminazioni.

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