Di Italo Calvino ricorre quest’anno il centenario dalla nascita: un’occasione per tener viva l’attenzione su un intellettuale che, da attivo protagonista della storia italiana, ha saputo guardare alla realtà e al futuro con occhi sempre nuovi. Capace di una letteratura fortemente impegnata nella lettura del mondo, con il suo sguardo curioso Calvino si sforzava di rendere con precisione – e “leggerezza” – la complessità della vita, e gli innumerevoli modi in cui può essere raccontata: nacquero così Il barone rampante, Marcovaldo, Le città invisibili, Se una notte d’inverno un viaggiatore, Palomar…solo alcuni dei titoli più noti di una bibliografia straordinaria per varietà e spessore, testimonianza di una feconda vena creativa e destinata a diventare pietra miliare della letteratura contemporanea.
Calvino e…, questo il titolo del convegno tenutosipresso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Salerno, animato dai contributi di esperti e studiosi che si proponevano di valorizzare le tante sfaccettature dell’autore: le origini, esplorate da Bruno Falcetto attraverso gli apologhi della giovinezza; la saggistica, indagata da Alberto Granese; il rapporto con Edoardo Sanguineti, ricostruito da Clara Allasia; un viaggio, con Giuseppe Lupo, sulle orme della macchina da scrivere, la cui crescente rapidità dialogava con le Lezioni Americane; uno sguardo a Calvino antropologo, con il contributo di Giovanni Genna; l’intervento di Silvio Perrella, una breve narrazione ispirata all’universo calviniano; di Ilaria Crotti, che si è occupata della presenza degli animali nei lavori di Calvino; mentre Claudia Mignone, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, si è soffermata sulla divulgazione dell’astronomia nelle Cosmicomiche; infine, il legame con il cinema e con la città di Parigi, approfonditi rispettivamente da Emiliano Morreale e Giorgio Sica.
Orientato verso i vari e nuovi aspetti della ricerca su Calvino, il convegno – il cui comitato scientifico era composto dai docenti Epifanio Ajello, Rosa Giulio, Alberto Granese, Vincenzo Salerno, Carlo Santoli e Giorgio Sica – desiderava favorire un ricco confronto circa l’eredità dell’autore e le inedite chiavi di lettura dei suoi lavori.
Con lo scrittore e critico letterario Silvio Perrella si è parlato del suo rapporto con l’autore. Palermitano di origini, autore di Fino a Salgareda, Doppio scatto, Petraio, Perrella è autore di Calvino (1999, edizioni Laterza), suo originale ritratto di Italo Calvino.
Ha condiviso con i presenti una suggestiva parentesi narrativa, estemporanea, ispirata a Calvino scrittore. Da cosa si è lasciato guidare, come l’ha costruita?
È nata mentre venivo qui, prendendo un treno, pensando alla copertina di Se una notte d’inverno un viaggiatore: una stazione dentro una bottiglia. Soprattutto, rileggendo il libro di Alberto Savinio su Maupassant, che è un capolavoro assoluto, di un autore che Calvino ha sicuramente frequentato, sebbene non venga mai citato. Mi faceva piacere, in qualche modo, accostarli, anche in questa dimensione della vita dopo la morte. Mi piace mettermi alla prova, mi interessa capire cosa costruisce la mia mente mentre parlo, lavorando su cose che ho appuntato senza averle scritte…mi interessa molto la voce, io lavoro principalmente in radio, la chiamo “cinema della voce”.
A volte il rapporto con gli autori cambia a distanza di tempo, e Calvino è un autore che l’accompagna da molto. Quanto l’ha influenzato?
Calvino ha rappresentato la mia giovinezza, poi sono diventato scrittore, ho iniziato a scrivere le mie cose. Lui compare, certo, ma in maniera molto diversa rispetto a quando lo studiavo. Ci ho scritto un libro venticinque anni fa, quindi c’è una differenza, cambiamo noi, e cambiano i testi.
Qual è l’aspetto nuovo, più interessante che secondo lei è emerso nel corso di questa giornata?
C’è sempre qualcosa di nuovo, per esempio il rapporto col cinema, o quello con l’antropologia, prima è stato raccontato il suo rapporto con De Martino, la sua necessità di salvare l’amico Pavese. Poi, sa, credo che ognuno di noi abbia dei modi di rappresentare se stesso, cogliendo le citazioni, altri aspetti… in questo periodo stiamo facendo tanti convegni su Calvino. Io percepisco queste cose da una certa distanza perché per me non sono il presente, il presente è abitato da altre cose, più dall’aspetto immaginativo. Ho fatto il critico e continuo a occuparmi di critica, ma ultimamente scrivo versi, compongo liriche, non prevale l’aspetto del ragionare. Per me è molto importante suscitare immagini, e in questo senso Calvino è una fonte, non per cercare le sue immagini, ma per capire come funzionano e farle mie.
Si è parlato di lentezza, ma anche di rapidità, rispetto alle Lezioni americane, una specie di testamento per il nuovo millennio. Nella sua esperienza di scrittore, come si conciliano questi due aspetti?
Non si conciliano [ride, ndr].