Senza più scuola, rubato anche il futuro ai ragazzi di Gaza

Una tragedia come quella attuale ha una miriade di aspetti, umani in primis, sanitari, economici, sociali, alimentari, tutti figli dell’intreccio mortale tra fanatismo religioso e bellicista e della miopia politica: eppure la scuola merita tutta l’urgenza del “prima possibile”, perché è la prima luce da riaccendere per diradare le tenebre della guerra

Tempo di lettura 2 minuti
L'impossibilità dell'apprendimento allunga i danni della guerra nel futuro

Andare a scuola a Gaza. Da più di un anno gli studenti non sanno più cosa significhi, privati ormai del diritto all’istruzione per un tempo così lungo. I dati delle agenzie internazionali che si occupano di tutela dei diritti dei minori sono drammatici: tra i seicentomila e i settecentomila, il numero di bambini e ragazzini non ha più la possibilità di frequentare la scuola. Le poche rimaste in piedi, nonostante gli incessanti bombardamenti dell’esercito israeliano, sono state trasformate in rifugi e ricoveri per la popolazione civile, ma per la maggior parte, le strutture scolastiche sono state distrutte o rese completamente inagibili.

La guerra, come sempre, non colpisce e azzera solo il presente attuale, pregiudica il “presente esteso”, il futuro che ha i suoi germogli nella vita civile, nella scuola in particolare, dove si formano le nuove generazioni. A Gaza il presente non può più allungare il suo sguardo sul futuro, perché ai suoi abitanti più giovani è stato sottratto il diritto alla crescita culturale, il diritto ad avere un domani cui affidare i desideri di realizzazione individuale e collettiva.

Secondo il Ministero dell’Istruzione palestinese, sono oltre 25.000 bambini in età scolare uccisi o feriti negli attacchi militari israeliani, le agenzie delle Nazioni Unite hanno dichiarato che sono centinaia gli insegnanti scolastici e i docenti universitari rimasti uccisi a causa dei bombardamenti sulla Striscia di Gaza. Sarà possibile intraprendere un processo di ripristino delle strutture di edilizia scolastica solo con l’impegno finanziario di tutta la comunità internazionale e ci vorranno diversi mesi, se non anni.

Nel frattempo, per fronteggiare la situazione , l’UNICEF ha realizzato 39 Spazi Temporanei per l’Apprendimento nella Striscia di Gaza utili per oltre dodicimila studenti. Sono stati allestiti, inoltre, spazi per attività ricreative, strumenti didattici d’emergenza ed è stato messo a disposizione un servizio di supporto psicologico a favore di bambini e giovani. A tal riguardo, l’Unicef ha fatto notare il drammatico impatto della chiusura delle scuole, in aggiunta al trauma di vivere in un territorio in stato di guerra, sull’assetto psichico di persone che attraversano l’età della crescita e della formazione. I bambini subiscono effetti permanenti da una condizione di assoluta compressione dello stato emotivo e psichico; dall’azzeramento scolastico scaturiscono ansie e frustrazioni che possono pregiudicare in modo irreparabile lo sviluppo di giovani e giovanissimi. Un presente senza la routine scolastica lì esporrà inevitabilmente alla piaga dello sfruttamento e del lavoro minorile, già assai diffuso, in tempo di pace, tra le comunità di quei territori che da sempre vivono in una condizione di costrizione e ghettizzazione.

Ecco perché la politica internazionale deve urgentemente moltiplicare gli sforzi per arrivare, al più presto, a un immediato cessato il fuoco tra le parti in causa; non è solo in gioco il primario diritto alla vita delle persone, dei civili che vivono in quella martoriata area del mondo, ma soprattutto il diritto al futuro dei bambini e dei ragazzi; l’unica vera speranza per una nuova stagione di pace e sviluppo per il Medio Oriente non può che essere affidata alla crescita di nuove comunità che possano convivere pacificamente nel rispetto delle reciproche differenze. La scuola è il più grande investimento per arginare le logiche, ereditate dal passato, della contrapposizione etnico religiosa; l’istruzione porta con sé il significato dell’emancipazione da pregiudizi e intolleranza.

Una tragedia come quella di Gaza ha una miriade di aspetti, umani in primis, sanitari, economici, sociali, alimentari, tutti figli dell’intreccio mortale tra fanatismo religioso e bellicista e della miopia politica: eppure la scuola merita tutta l’urgenza del “prima possibile”, perché è la prima luce da riaccendere per diradare le tenebre della guerra.

Nel frattempo, a Gaza, la campanella della scuola continua a tacere.

 

 

 

 

 

Previous Story

Addio a Zimbardo, lo psicologo che tolse la maschera ai potenti