La Psicologia si apre al territorio e prova a far rete con medicina, pedagogia, mondo della ricerca e cittadini per creare una visione d’insieme integrata. Il XXIV congresso nazionale dell’Associazione Italiana Psicologi (AIP) – che si svolge a Salerno fino a domenica 15 settembre – offre interessanti spunti di riflessione sul ruolo della psicologia clinica e dinamica, sull’importanza della disciplina e sul rapporto con i cittadini e la medicina in generale.
«È importante evitare la vecchia e dicotomica divisione tra salute fisica e mentale; gli studi dicono che serve una visione integrata. Diventa, dunque, importante, parlare un linguaggio che sia accessibile a tutti e non solo di ricerca. Ci teniamo non tanto per sostenere la Psicologia quanto per dare maggiori opportunità alle persone». Mauro Cozzolino è docente di Psicologia Clinica all’Università di Salerno, presidente del Consiglio Didattico di Scienze della Formazione per l’Inclusione e il Benessere e direttore dell’Osservatorio sulla Promozione del Benessere, ed è tra gli organizzatori dell’evento in corso presso il campus di Fisciano. L’evento ospita 71 simposi, 9 tavole rotonde, 100 contributi orali liberi e 95 poster congressuali. «Ci sono tutti i temi – racconta Cozzolino – si va dalla psicopatologia ai disturbi del comportamento alimentare, senza tralasciare i disturbi della personalità, i comportamenti ossessivo-compulsivi, l’ansia, la depressione, fino ad arrivare ai temi che riguardano l’invecchiamento, la prevenzione e la psicosomatica. Un evento possibile anche grazie alla preziosa collaborazione del mio dipartimento, della professoressa Aiello, del rettore Loia e del prorettore Sibilio».
Professore Cozzolino, la Psicologia riflette sul suo ruolo e si apre al territorio. Lei parla di visione d’insieme integrata: spieghiamo cosa intende?
L’intento di questo congresso è mettere in rete le diverse realtà: le università italiane, il mondo della professione, l’ordine regionale e nazionale, previdenza e assicurazione professionali e dare spazio, in un pre-congress, anche alle realtà sanitarie territoriali che si sono rivelate servizi di eccellenza in campo psicologico, come i tre servizi Asl Salerno che riguardano la psicologia di base, la disforia di genere e una struttura residenziale dedicata ai disturbi alimentari.
Tre campi di scottante attualità…
Il focus è su servizi che, pur partendo dal territorio, travalicano la prospettiva regionale e costituiscono modelli di eccellenza sul piano nazionale. Per quello che riguarda la psicologia di base, il servizio sperimentale della Campania, primo in Italia, ha incassato fin dalla sua nascita, due anni fa, un vero e proprio boom di richieste. Poi il centro residenziale per il trattamento dei disturbi alimentari è uno dei pochissimi centri pubblici che esiste in Italia con questa funzione e accoglie in maniera residenziali persone dai 14 ai 50 anni di età. E, infine, il tema della disforia di genere: un ambulatorio, un servizio specifico interamente dedicato a chi ha deciso di intraprendere questo percorso di transizione, con tanto di assistenza psicologica, medico, legale… Insomma, un’opportunità importante e impegnativa, che sta dando ottimi risultati.
Quali sono le nuove sfide della Psicologia?
Ci troviamo in una fase molto particolare come professione e università: i corsi magistrali in Psicologia sono diventati abilitanti. Oggi ci si abilita lungo il percorso universitario; la conseguenza è che un laureato all’uscita dall’università può già teoricamente lavorare. Si tratta di una sfida particolarmente delicata per la professione e per l’università: diventa importante organizzare in maniera sinergica percorsi di tirocinio che siano di qualità e capire come mettere i giovani in condizione di lavorare al meglio già il giorno dopo la laurea.
Si è parlato tempo fa di un vero e proprio boom di richieste di sostegno psicologico dopo la pandemia: il fenomeno è rientrato? O gli effetti del lockdown e del cambio di stili di vita a esso associato sono ancora evidenti?
Dopo la pandemia la richiesta di aiuto è aumentata in maniera vertiginosa. È come se quella fase avesse creato una sospensione dal tempo, specie per gli adolescenti. Poi con il passare del tempo le cose possono sembrare appianate, ma se non vengono gestite ed elaborate possono creare ancora difficoltà sotto traccia. Possiamo dire che non ci sono i segnali di pieno ritorno alla normalità e, onestamente, credo non ci possano essere: quella è un’esperienza collettiva a cui tutti siamo stati costretti e lo stress non manifesta subito i suoi effetti che, invece, si ripercuotono a lungo termine.
A proposito di adolescenti, spesso si tende a demonizzare la tecnologia, compresi i nuovi e social media. Lei cosa pensa del rapporto attuale tra giovani e media?
Tutto quello che viene dall’evoluzione tecnologica ha una portata positiva ed eccezionale che modifica le nostre vite. Ovviamente, come tutte le modifiche e gli adattamenti, ci sono persone – magari pensiamo agli adulti – che sono in grado di gestirli in maniera equilibrata; tutto ciò per un ragazzino diventa forse più difficile perché lui non ha un confronto con il passato. Tutto ciò che riguarda i social, poi, va gestito in maniere equilibrata e sana; e questa è una responsabilità che abbiamo noi adulti, educatori, psicologi. Internet è un mondo globale che ci può portare ovunque. Il percorso e la crescita globale vanno accompagnati dagli adulti senza atteggiamenti proibizionistici o di rifiuto. Bisogna trovare il giusto equilibrio nelle cose. Anche la nostra vita, e penso ai non nativi digitali, sarebbe stata complicata se i nostri genitori ci avessero consentito di fare qualsiasi esperienza. Uno degli aspetti su cui riflettere è: per quanto tempo e con quanta intensità si fa qualcosa?