Prossimo e remoto il mondo poetico della Rimolo

Il lusinghiero percorso artistico della giovane ma già affermata poetessa: dalle opere edite agli importanti premi ricevuti, a una postfazione di Milo de Angelis

Tempo di lettura 2 minuti
Eleonora Rimolo

La rubrica “Lo specchio del poeta” è un appuntamento con cadenza settimanale curato dal professore Vincenzo Salerno e dedicato alla poesia italiana contemporanea attraverso la presentazione di un autore ‘raccontato’ dai suoi stessi versi. Un tentativo di ritratto lirico autobiografico, scandito seguendo un ordine rigorosamente cronologico dei testi proposti e che intende cogliere – dando ‘voce’ al poeta ospite – i tratti più caratteristici della sua cifra stilistica e della sua ‘materia’ poetica.


Eleonora Rimolo è assegnista di ricerca in Letteratura italiana presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Salerno. In poesia ha pubblicato: La resa dei giorni (Alter Ego, 2015 – Premio Giovani Europa in Versi), Temeraria gioia (Ladolfi, 2017 – Premio Pascoli “L’ora di Barga”, Premio Civetta di Minerva), La terra originale (Pordenonelegge-Lietocolle, 2018 – Premio Achille Marazza, Premio “I poeti di vent’anni. Premio Pordenonelegge Poesia”, Premio Minturnae) e Prossimo e remoto (Pequod 2022, postfazione di Milo de Angelis, Premio Ceppo Pistoia under35, Premio Paestum). Nel 2022 La terra originale viene pubblicata in edizione bilingue spagnolo-italiano dalla casa editrice colombiana Letra Dorada. Con Giovanni Ibello ha curato Abitare la parola. Poeti nati negli anni ‘90 (Ladolfi 2019). Dirige la sezione online della rivista Atelier e le Collane di poesia Letture Meridiane ed Aeclanum per la Delta3 edizioni.

 

Ci hanno detto di uscire il meno possibile,
solamente se urgente: polveri sottili,
smog, troppe sirene moleste. Mi difendo
così dai batteri, dalle spore, dai sorrisi
che non avrei incontrato. Trascorro i giorni
della malattia respirando la stessa aria
di sempre, osservo la sua caparbietà
la comparo alla mia penso a chi andrà via
per prima. Intanto la plastica fonde
cerca asilo nei polmoni dei superstiti,
con la pioggia non si può deglutire, brucia
l’ipotesi della resistenza, acre carità.

*

Quel poco che rimarrà saranno
le lanterne del centro storico
spente al mattino, circondate
dalla distanza. Scale, marciapiedi
in salita separano i pomeriggi assonnati
dalle fughe nervose del corso principale,
dalle risa nei caffè, dalle commesse
che attendono annoiate. Ognuna
di queste porte non ti vedrà entrare
e invece io busso, poi esco almeno
una volta al mese per rivederti
dentro gli archi umidi, nel rombo
continuo del sifone, dentro centinaia
di carte in accumulo, lasciate lì come me
nell’indifferenza, per aver desiderato
troppo, con troppa poca prudenza.

(Da La terra originale, PordenoneLegge – Lietocolle, 2018)

*

Come dire che questo libro è scritto
per te, per il lutto indossato ogni giorno,
per quel popolo disperso nella storia,
spodestato dalla terra, spinto nel cuore
dell’oceano. Come dire che sono la stessa
persona il ragazzo arreso alle porte scorrevoli
mentre chiede monete ai passanti e il bambino
accostato alla parete in attesa del padre
di un altro colore con la maglia azzurra
distratto e curioso, geloso della sua buona stella.
E tu hai mangiato? Hai bevuto? Vuoi fumare?
Com’è andato il viaggio. Quando torni a casa.
Dove abiti adesso. Dove eravamo tutti, prima
di questo pomeriggio spento, dell’apertura
dei bar, prima di rimetterci in viaggio
e dimenticare la verità, ogni bene, la colpa.

*

Nella fase dispersa l’aria risale bollente,
assottiglia i muri, buca le tubature,
sgrana le visioni un tempo così nitide,
tremende, senza sudore: nel miscuglio
di liquidi vivi non c’è spazio per i tuoi,
oggi siamo soli con questa sostanza pura
che lega vento e pressione, così lontani
dal freddo immobile della mattina
in cui mi tenesti in braccio, padre
mancato, per non colpirmi dentro
l’enorme abisso limaccioso col sorriso
che da sempre ti lava la faccia. Se potessi
vedermi ora dentro lo specchio passare
veloce saresti deluso, pentito: sono
un solvente mediocre e ti lascio intatto
nei pensieri disciolti. Pago il mio debito
e ti annego nel sale.

*

Dopo la ferita arriva l’azzeramento
del dolore, la pelle viva viene alla luce
con la sua verità crudissima:
quei mirtilli sono soltanto pietre
e su Marte non c’è biologia ma c’è
sulla terra stasera una paura
che fa più umane le cose, un rigurgito
di tenerezze mai digerite, un consegnare
la copia sbagliata di proposito
per darti di me la parte peggiore,
il mio sacrificio maggiore.

(Da “Prossimo e remoto”, Pequod, 2022)

Previous Story

Nel Corpo di pane il cuore nuovo di Elisa Ruotolo

Next Story

Carmen Gallo, i luoghi e le parole-rifugio del poeta