Nel 2008 ho avuto l’occasione di presentare il volume “La doppia vita delle donne. Aspirazioni, etica e sviluppo”, di Maria Rosaria Garofalo e Mita Marra. Il bandone, la sintesi spicciola, di questo libro-ricerca “è l’accettazione che il sistema dovrebbe accingersi a fare della cifra stilistica che impronta oggi la vita delle donne e degli uomini, e cioè la cifra dell’ambivalenza”. E andiamo a sciogliere l’enigma dell’incertezza e l’ambivalenza delle donne come impossibilità di stare da una parte sola, come riconoscimento del fatto che la propria identità è costruita su due pilastri: la realizzazione di sé nella vita affettiva/familiare e la realizzazione di sé nella vita professionale o comunque nel raggiungimento di un’autonomia economica. E come consapevolezza che non si può scegliere tra due parti fondamentali di sé. (Il concetto di ambivalenza vale anche per gli uomini, sia chiaro e nel fattore realizzazione di sé non va trascurato il fattore emozionale, sentimentale, sessuale).
Nei 17 racconti di Anna Racinaro – ma le presenze femminili son molte di più – la retorica, i luoghi comuni, la dicotomia uomo/donna (e viceversa) non ha spazio pre-concettuale, né effetti hollywoodiani. Non c’è spazio all’arringa o al comizio o alla lotta per la lotta. Quel che risulta evidente è quel Profondo Sud non solo o non tanto geografico (quello meglio conosciuto dall’autrice), ma oscurato da tanta saggistica e pseudo informazione dai tratti maschili e soliti, dalla trascuratezza della psicologia, del substrato economico, familiare, storico. I racconti sono, o si presentano ad essere, un exemplum di come poter analizzare con una cartina al tornasole una sorta di vicissitudini spesso archiviate o etichettate con troppa fretta: la strega, la beghina, la mammana, la regina, la confidente antimafia, … Alle icone della letteratura epica e tragica della Grecia classica, come Ecuba, Penelope, Andromaca, Cassandra, alle donne vinte, fanno da eco le donne cosiddette comuni, reali. Persone di ieri e di oggi, che condividono con altre donne obblighi (matrimoniali e di riproduzione), di dolore (aborti, separazioni), di cambio di posizioni sociali (l’impoverimento di Franca Florio e la sua profonda generosità e dignità), la spiritualità e profondità di pensiero di Ildegarda di Bingen e quella di una eremita di Subiaco (Chelidonia), la terribile pena di Margherita, l’eretica condannata al rogo come migliaia, per un niente, per un si dice, un forse o per un pensiero oltremodo sottile o profondo sulle cose della vita. E ancora, tra i temi trattati con profondità e leggerezza –laevia gravia avrebbero sintetizzato in una formula, sempre efficace, i Romani – emerge e fa riflettere il dramma della collaborazione con la Giustizia, come nel caso di Rita Atria, confidente di Borsellino contro la Mafia. Dopo il tragico attentato e la morte del giudice, Rita, venuto meno l’interlocutore, si suicidò. Sono solo alcuni pianeti (penso al Piccolo Principe o a una Piccola Principessa di sentimenti e riflessioni come Anna Racinaro) attraversati dall’autrice, laureata in Sociologia e Giurisprudenza e con collaborazioni con enti pubblici importati.
Anna Racinaro è “testimone” in un mondo di spettatori (inutile ed inevitabile il rimando al libro di Guy Debord La società dello spettacolo, del 1967); Anna Racinaro è testimone in prima persona dei cambiamenti repentini, di quelli metabolizzati e di quelli a venire della Galassia Donna, nell’auspicio che il Profondo Sud al femminile sia un orizzonte piano, garantito nei diritti, nell’aspirazioni, nell’etica e nello sviluppo di sé e della società (evito per ragioni di significato e tautologiche il rimando all’etichetta politicamente abusata e abbandonata di “società civile”).
Anna Racinaro: Storie di donna al Sud, Edizioni dell’Ippogrifo