Nicola Gardini, poeta, romanziere e pittore, saggista e autore di traduzioni letterarie, insegna Italian and Comparative Literature alla University of Oxford. L’esordio poetico risale al 1995 nella collana “Poeti italiani” di Einaudi con La primavera, a cui hanno fatto seguito i volumi: Atlas (Milano, Crocetti, 1998); Nind (Pistoia, Atelier, 2002); Sag Harbor (Napoli, D’if, 2003); Le nuvole (Milano, Crocetti, 2007); Le parti dell’amore (Milano, Sedizioni, 2010); Stamattina (Novara, Ladolfi, 2014); il saggio in versi Tradurre è un bacio (Novara, Ladolfi, 2015). Tra i suoi romanzi: Le parole perdute di Amelia Lynd (Milano, Feltrinelli, 2012); Fauci (Milano, Feltrinelli, 2013); La vita non vissuta (Milano, Feltrinelli, 2015); Nicolas (Milano, Garzanti, 2022). Nel 2013 è pubblicato Diario (Milano, Xenion Edizioni), libro-manifesto della sua attività di pittore. Ricchissima è la bibliografia di traduzioni: Ovidio, Heroides, (Milano, Mondadori, 1994); Ovidio, Tristia, (Milano, Mondadori, 1995); W. H. Auden, Un altro tempo (Milan Adelphi, 1997); Ted Huges, Fiori e insetti, qualche uccello e un paio di ragni, con un saggio di Derek Walcott (Milano, Oscar Mondadori, 2000); Emily Dickinson, Buongiorno notte (Milano, Crocetti, 2001); ll senso del desiderio. Poesia gay dell’età moderna, (Milano, Crocetti, 2001); Marco Aurelio, Colloqui con sé stesso (Milano, Medusa, 2005); Virginia Woolf, Sulla malattia (Torino, Bollati Boringhieri, 2006); Charles Simic, Club midnight (Milano, Adelphi, 2008); il meridiano dedicato a Ted Hughes (curato con Anna Ravano, Milano, Mondadori, 2008); Catullo, Carmina. Il libro delle poesie, (Milano, Feltrinelli, 2014); George Orwell, 1984 (Milano, Mondadori, 2019). Nel 2020 una sua selezione di traduzioni dalle lingue classiche e dall’inglese è uscita sulla rivista “Poesia” (Milano, Crocetti).
Transilvania
Dalla signora Borcea trascorremmo una notte:
Restammo vestiti nel letto del soggiorno
sotto il ritratto del marito morto.
La prendesti in odio perché
a colazione ci servì caffè amaro
e ritornò a dormire
mentre nel frigorifero
avevi scorto un piatto di biscotti secchi.
Non era giorno e ripartimmo.
Tonfò dal muro il quadro sul divano,
si urtarono i bicchieri nell’armadio
e la stanza tremò tutta
al colpo leggero della porta richiusa.
La lasciavamo distrutta, come volevi,
ma vi avevamo soltanto sognato.[1]
Per Julio
Ma poi che dico? Niente.
Trascino piano piano
La punta della penna sulla
Carta, una zampa d’insetto,
Un suono senza parole
Che è tutte le cose perse
In un rigo infinito
Il movimento del silenzio
Il movimento del tuo dito[2]
Mio padre
Poi lo mettevo a letto,
Gli tiravo su il lenzuolo
E l’alto parapetto
E mi raccomandavo
Prima di lasciarlo solo:
Ora però, da bravo,
Dormi papà, riposa…
Ma teneva aperti gli occhi,
Come fanno gli allocchi,
Come avesse qualcosa
D’importante per la mente.
E non aveva niente.[3]
L’ultima foglia
Io sono per il tempo,
che tolga e non rimetta
e non ricolma un’orma.
Il nulla non è tanto
povero se assomiglia
all’opera del vento.
Io sono con il tempo,
e la morte sarà
solo l’ultima foglia,
del vortice la forma
finalmente perfetta,
la sete senza voglia.
Io do ragione al tempo.
Lo guardo mentre prende
tutto, manco si sente.
E tutto prenda, il moto
e i volti e, un giorno, il vuoto.
Io non rivoglio niente.[4]
Ripetere
Prendi la penna e scrivi
Scrivi qualunque cosa
Dovunque arrivi arrivi
La penna adesso posa
Ecco in quei segni brevi
Hai ripetuto gli evi[5]
[1] In Atlas, Milano, Crocetti, 1998.
[2] Questa poesia, con altre sei, è dedicata a Julio Anguita Parrado, che, inviato dal giornale spagnolo “El Mundo” in Iraq, morì il 7 aprile 2003 alle porte di Bagdad. La plaquette fu stata stampata dall’officina di Meri Gorni in 45 esemplari per gli amici.
[3] In Stamattina, Milano, Ladolfi, 2014.
[4] Da Istruzioni per dipingere, Milano, Garzanti, 2018.
[5] Da Il tempo è mezza mela, Milano, Salani, 2018.