Monia Gaita, mi semino dentro il granaio dei volti

La poetessa nata a Imola ma residente a Montefredane, il paese irpino di origine, è autrice di nove libri di versi. Il più recente, uscito pochi mesi fa ed edito da Rubbettino, ha per titolo "Di cielo, di nuvole e di vento". Una sua raccolta, "De partea norilor", è stata pubblicata con successo in Romania dall’editore Cosmopoli. È presente in dizionari e antologie

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La poetessa irpina Monia Gaita: l'ultima sua raccolta di versi, edita da Rubbettino, è "Di cielo, di nuvole e di vento"

Monia Gaita è nata a Imola il 7 novembre 1971 ma vive da sempre a Montefredane, paese d’origine in provincia di Avellino. Giornalista, critico d’arte, ha pubblicato i libri: Rimandi (Montedit, 2000), Ferroluna (Montedit, 2002), Chiave di volta (Montedit, 2003), Puntasecca (Istituto Italiano Cultura Napoli, 2006), Falsomagro (Editore Guida, 2008), Moniaspina (L’Arca Felice, 2010), Madre terra (Passigli, 2015), Premio di Letteratura allo Spoleto Art Festival 2016,  Non ho mai finto (La Vita Felice, 2021), menzione speciale al Premio Dieter Schlesak e Vivetta Valacca 2022, Di cielo, di nuvole e di vento (Rubbettino Editore, 2024).

È stata pubblicata in Romania dall’editore Cosmopoli con un libro dal titolo De partea norilor (Dalla parte delle nuvole), tradotto da Eliza Macadan.

Collabora a quotidiani e a importanti riviste web e cartacee. È presente in dizionari e antologie.

 

Lo spartito

 

Oggi mi va di scivolare

dal cavallo delle nuvole,

mirare dritto al fianco delle case,

 

slegare la fanciulla che fui,

che ancora sono,

riconsegnarla al padre dei sambuchi.

 

Faccio ritorno al reggimento delle foglie.

 

Mi lascio divorare dal drago dei miei sogni.

 

Sciolgo la lacca del tuo nome sulla fiamma

facendone cadere poche gocce

sulla carta.

 

Adesso questo suolo è sacro,

 

lo colonizzano

migliaia di pianeti.

 

Non fucilare l’ostaggio

che tieni tra le mani.

 

Ti bacio con la gioia di sempre

 

e lo spartito che composi

per te solo

 

 

E dire

 

 È rimasto soltanto un fiammifero

di te.

 

Ne stivo fino al vigore ultimo

la belva più crudele.

 

Aspiro l’eco delle briciole,

 

mi semino

dentro il granaio dei volti,

 

vado a capo.

 

E dire che mi manchi

è contemplare le stagioni

che fioriscono,

 

è  misurare il salto della perdita

ora che i fili del tuo ordito

sono forti

e giacciono nascosti

nel mio ventre.

 

E dire che mi manchi

è decifrarti l’alfabeto dell’assenza

nella nebbia,

 

guardare questa vita scorticata

produrre un taglio che risanguina

e rimarca

 

 

Io sono stanca

 

Io sono stanca

dei favolosi animali che le nuvole disegnano.

 

Io sono stanca

dell’insensato dialogo dell’uomo

con le forme.

 

Io sono stanca

di queste mie ragioni giustiziate

e della resistenza clandestina dei nasi

dentro il vento.

 

Il pieno ha cessato di essere per me

che esploro la cripta di tutti i sogni morti

e rimanenti.

 

E sono stanca

di non destare un’eco negli insetti, nei vegetali,

nella tellurica forza delle rocce.

 

Io sono stanca di vivere,

di generare agguati, fulmini e tempeste.

 

Voglio dormire per sempre,

prendermi un turno di riposo.

 

Sono stanca

(da Non ho mai finto, La Vita Felice editore, 2021)

 

— 

 

Potessi avere le ossa degli uccelli,

lunghe, cave e piene d’aria,

gli arti adeguati ad ali,

il corpo coperto da piume impermeabili

a farmi da isolante.

Invece sono solo un organismo

che brulica in paure e vuoto,

sprovvisto di colonna vertebrale

o di una metamorfosi capace di proiettarmi

dallo stadio larvale a quello adulto.

A rivestirmi non sono scaglie e squame,

sono sfornito di zampe di cavallo dai zoccoli duri

per correre nei prati,

non so saltare come il canguro e il grillo,

non ho aculei a protezione come il riccio.

Mi mancano i canini del lupo, le corna dell’alce,

gli artigli del gatto,

la valva rigida di calcio della cozza,

gli scudi cornei del serpente,

i peli fitti e ruvidi dell’orso.

A volte il caso mi ingoia tutta intera con la lingua,

e l’amarezza, stringendosi il coltello al seno,

espelle un grande numero di uova

dalla pancia

 

 

Il tribunale vende all’asta un carico di sogni.

Chi vuol comprarne?

Io ne sposai una decina senza titolo

e venni esclusa dall’asse ereditario.

Lo so, non mi appartennero,

così irreparabilmente timidi da parere invisibili,

ma mi lasciarono diverse escoriazioni

nello sconforto che reputai

di aver rimarginato.

E qualche volta

le croste di sangue secco si riaprono

mostrando lembi di pelle nera

e un trauma nel rilievo

che non mi fu possibile

sanare

(da Di cielo, di nuvole e di vento, Rubbettino Editore, 2024)

 

 

 

 

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