Monia Gaita è nata a Imola il 7 novembre 1971 ma vive da sempre a Montefredane, paese d’origine in provincia di Avellino. Giornalista, critico d’arte, ha pubblicato i libri: Rimandi (Montedit, 2000), Ferroluna (Montedit, 2002), Chiave di volta (Montedit, 2003), Puntasecca (Istituto Italiano Cultura Napoli, 2006), Falsomagro (Editore Guida, 2008), Moniaspina (L’Arca Felice, 2010), Madre terra (Passigli, 2015), Premio di Letteratura allo Spoleto Art Festival 2016, Non ho mai finto (La Vita Felice, 2021), menzione speciale al Premio Dieter Schlesak e Vivetta Valacca 2022, Di cielo, di nuvole e di vento (Rubbettino Editore, 2024).
È stata pubblicata in Romania dall’editore Cosmopoli con un libro dal titolo De partea norilor (Dalla parte delle nuvole), tradotto da Eliza Macadan.
Collabora a quotidiani e a importanti riviste web e cartacee. È presente in dizionari e antologie.
Lo spartito
Oggi mi va di scivolare
dal cavallo delle nuvole,
mirare dritto al fianco delle case,
slegare la fanciulla che fui,
che ancora sono,
riconsegnarla al padre dei sambuchi.
Faccio ritorno al reggimento delle foglie.
Mi lascio divorare dal drago dei miei sogni.
Sciolgo la lacca del tuo nome sulla fiamma
facendone cadere poche gocce
sulla carta.
Adesso questo suolo è sacro,
lo colonizzano
migliaia di pianeti.
Non fucilare l’ostaggio
che tieni tra le mani.
Ti bacio con la gioia di sempre
e lo spartito che composi
per te solo
—
E dire
È rimasto soltanto un fiammifero
di te.
Ne stivo fino al vigore ultimo
la belva più crudele.
Aspiro l’eco delle briciole,
mi semino
dentro il granaio dei volti,
vado a capo.
E dire che mi manchi
è contemplare le stagioni
che fioriscono,
è misurare il salto della perdita
ora che i fili del tuo ordito
sono forti
e giacciono nascosti
nel mio ventre.
E dire che mi manchi
è decifrarti l’alfabeto dell’assenza
nella nebbia,
guardare questa vita scorticata
produrre un taglio che risanguina
e rimarca
—
Io sono stanca
Io sono stanca
dei favolosi animali che le nuvole disegnano.
Io sono stanca
dell’insensato dialogo dell’uomo
con le forme.
Io sono stanca
di queste mie ragioni giustiziate
e della resistenza clandestina dei nasi
dentro il vento.
Il pieno ha cessato di essere per me
che esploro la cripta di tutti i sogni morti
e rimanenti.
E sono stanca
di non destare un’eco negli insetti, nei vegetali,
nella tellurica forza delle rocce.
Io sono stanca di vivere,
di generare agguati, fulmini e tempeste.
Voglio dormire per sempre,
prendermi un turno di riposo.
Sono stanca
(da Non ho mai finto, La Vita Felice editore, 2021)
—
Potessi avere le ossa degli uccelli,
lunghe, cave e piene d’aria,
gli arti adeguati ad ali,
il corpo coperto da piume impermeabili
a farmi da isolante.
Invece sono solo un organismo
che brulica in paure e vuoto,
sprovvisto di colonna vertebrale
o di una metamorfosi capace di proiettarmi
dallo stadio larvale a quello adulto.
A rivestirmi non sono scaglie e squame,
sono sfornito di zampe di cavallo dai zoccoli duri
per correre nei prati,
non so saltare come il canguro e il grillo,
non ho aculei a protezione come il riccio.
Mi mancano i canini del lupo, le corna dell’alce,
gli artigli del gatto,
la valva rigida di calcio della cozza,
gli scudi cornei del serpente,
i peli fitti e ruvidi dell’orso.
A volte il caso mi ingoia tutta intera con la lingua,
e l’amarezza, stringendosi il coltello al seno,
espelle un grande numero di uova
dalla pancia
—
Il tribunale vende all’asta un carico di sogni.
Chi vuol comprarne?
Io ne sposai una decina senza titolo
e venni esclusa dall’asse ereditario.
Lo so, non mi appartennero,
così irreparabilmente timidi da parere invisibili,
ma mi lasciarono diverse escoriazioni
nello sconforto che reputai
di aver rimarginato.
E qualche volta
le croste di sangue secco si riaprono
mostrando lembi di pelle nera
e un trauma nel rilievo
che non mi fu possibile
sanare
(da Di cielo, di nuvole e di vento, Rubbettino Editore, 2024)