Le Regioni del Sud non spendono le risorse, la Campania più indietro di tutte

Per la programmazione 2014-2020 la giunta De Luca ha fruito di risorse europee per 3 miliardi e 713 milioni. Al 31 dicembre scorso spesi 2 miliardi e 438 milioni (il 65,7% del totale). Tocca quindi investire urgentemente il residuo 34,3%. Un dato a dir poco allarmante

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Sconcertante la incapacità di spesa delle Regioni meridionali, Campania e Sicilia su tutte

Le Regioni del Mezzogiorno devono investire entro il prossimo 31 dicembre risorse europee per quasi 4 miliardi di euro (3.954 milioni, per la precisione) legati all’Attuazione della Politica di Coesione UE 2014-2020, o queste risorse andranno restituite all’Unione europea.

La situazione più problematica si registra in Campania e in Sicilia, dove gli importi da spendere in questi poco più di 6 mesi è rispettivamente di 1,4 e 1,2 miliardi di euro. In Calabria restano da spendere 616 milioni, in Puglia 335, in Basilicata 164.
Un’incapacità di spesa che sta pesantemente condizionando anche l’attuazione del Pnrr e che, per i soli Fondi europei, potrebbe costare all’Italia quasi 30 miliardi di euro (29,8 per la precisione). A tanto ammontano infatti le risorse che toccherà restituire se non spese entro la fine dell’anno (essendo improponibile ogni ulteriore differimento della scadenza).
Si tratta delle risorse legate al FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) al FSE (Fondo Sociale Europeo), ai PON (Programmi Operativi Nazionali) e ai POR (Programmi Operativi Regionali).

I ritardi più gravi si registrano per i PON che prevedono investimenti per 26,6 miliardi: la spesa è ferma al 42,6% (e quindi restano da spendere urgentemente 15,2 miliardi).

Per la programmazione 2014-2020 la Campania ha fruito di risorse europee per 3 miliardi e 713 milioni. Al 31 dicembre scorso spesi 2 miliardi e 438 milioni (il 65,7% del totale). Tocca quindi spendere urgentemente il residuo 34,3%. Un dato a dir poco allarmante, se si considera il tempo occorso per completare gli investimenti finanziati e già rendicontati. Non a caso, appena qualche settimana fa, la Regione ha addirittura immaginato di procedere – con tanto di lettera trasmessa ai beneficiari dei finanziamenti del FSE – di pagare “in acconto” tutti i lavori per poi procedere in un secondo momento ai controlli, proprio al fine di recuperare i ritardi sulla spesa.

Gli investimenti che l’Italia deve completare entro il 31 dicembre ammontano a 29,8 miliardi, dei quali 10 di cofinanziamento nazionale (ne consegue che le risorse europee a rischio “taglio”, ammontano appunto a 19,8 miliardi). I ritardi non sono tutti imputabili alle Regioni, anzi in buona parte sono riconducibili allo Stato centrale. Le risorse europee – appunto i 19,8 miliardi di cui sopra – sono stati infatti assegnati per 15,3 miliardi alle amministrazioni centrali e per 4,6 miliardi alle regioni.

Gli investimenti nel Mezzogiorno sono ancora fermi ad una percentuale di spesa inferiore ai due terzi delle risorse – parliamo, è bene ribadirlo, della Politica di Coesione UE del ciclo 2014-2020 – per la precisione 73%: ritardi che vanno a sommarsi alle problematiche connesse all’attuazione del Pnrr. Aumentano insomma gli investimenti da realizzare sollecitamente, con un sistema amministrativo e burocratico che già nell’ordinario non brilla per efficienza e sollecitudine e che non pare in grado di adattarsi alle procedure (e soprattutto alle tempistiche) imposte dall’Unione Europea.

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