Quella di quest’oggi non è proprio una recensione ma la descrizione di un poliedrico musicista. Matteo Fioretti, con un’anima particolarmente duttile, dalla radice blues-jazz e condita da tanta contaminazione è il musicista di cui parleremo. Conosciuto anche come Syd Riley, può ampiamente definirsi ‘artista trasversale’. Ama, infatti passare tranquillamente da un genere all’altro: dal blues alla musica sperimentale, dal free jazz al minimalismo dall’improvvisazione alla psichedelia passando per il rock attraverso la musica concreta, espressione musicale correlata alla musica contemporanea e alla cosiddetta musica aleatoria. Con musica aleatoria, dal latino calea traducibile in inglese con ‘aleatoric music’ o ‘aleatory music’ ed in francese con ‘chance music’, si intende un tipo di musica in cui alcuni elementi della composizione vengono lasciati al caso e/o in cui alcuni elementi fondamentali nella realizzazione del lavoro di composizione siano lasciati alle libere decisioni dell’esecutore. Dribbla i generi affrontandoli anche perché, saggiamente, ritiene che tutto è musica e nulla è dato per scontato. Da qui la sua trasversalità musicale.
«Essere trasversali – ritiene il musicista pugliese, nato a Foggia nel maggio del 1982 – non è essere indecisi, ma molto semplicemente significa mettere in piedi un progetto che possa abbracciare tutta la musica».
Ma può anche denunciare la non precisa identità del musicista, anche per sua scelta. Matteo Fioretti, però non se ne fa un problema e continua con estrema forza e decisione, unitamente alla immensa capacità creativa e qui bisogna dire che in un progetto di elettronica è riuscito a far ‘suonare’ persino delle semplici stampanti… ma quanta genialità!
Dopo aver approfondito gli studi di chitarra jazz presso il Conservatorio Santa Cecilia di Roma, si laurea con la votazione massima di 110/110 e lode presso il Conservatorio ‘L. Perosi’ di Campobasso. Al suo attivo, il compositore foggiano ha diverse produzioni: nel 2013 sforna il suo primo album: ‘Seven’, nello stesso anno esce il secondo: ‘Nature’. In questi due album suona chitarra classica, chitarra acustica, chitarra elettrica, chitarra synth, basso elettrico, percussioni, tastiere e sintetizzatori della Korg, il mitico piano Fender Rhodes, flauto traverso e voci. Nel 2014 pubblica l’EP ‘Tommy Revival’. Seguiranno, poi, i singoli ‘Lago di Costanza’ (2017). Nel 2017 esce prepotentemente con la sua anima rock-blues, mettendo in piedi un trio blues psichedelico: ‘Syd Riley and The Bad Trip’, con cui realizza, nello stesso anno, un tour.
«Il gruppo inizialmente nasce come trio, pubblica un singolo e dopo il Covid diventa un duo. Escono il batterista ed il bassista. Attualmente, quindi, collaboro solo con Antonio Cicoria, il nuovo batterista. Sia dal vivo sia in studio. Nel disco io mi occupo delle chitarre, delle voci e dei bassi, lui di batteria e tastiere. Dal vivo siamo solo chitarra e voce con batteria».
Nel 2021, poi, realizza altri due singoli; ‘For Nadia Campana’ e ‘Chocolate Dreams’. Chitarrista, cantante, compositore, studia con nomi illustri del panorama musicale internazionale: Frank Gambale, Enrico Pieranunzi, Danilo Rea, Roberto Gatto, Stefano Di Battista, Antonio Onorato, Alain Caron ed altri grandi nomi. Ha vissuto tra Napoli, Roma e Bologna dedicandosi allo studio del jazz, del blues e della musica d’avanguardia. Collabora, nei vari concerti, Lisa Hunt (Zucchero, Eric Clapton), James Thompson (Paolo Conte, Timoria, Zucchero), Ellade Bandini (Fabrizio De André, Guccini), Sir Waldo Weathers (James Brown), Antonio Onorato e Joe Amoruso (Pino Daniele), HER (Teresa De Sio, Lucio Dalla), Lil’ Jimmy Reed, Jeff Anderson, Will Weldon Roberson, LeBurn Maddox, Slam Allen, Will Wilde, Nathaniel Noa Peterson, Jane Jeresa, Dilu Miller, Gianni Trovalusci, Riccardo Tesi, Maurizio Geri, Violante Placido, Francesco Forni, Nuova Compagnia di Canto Popolare.
Dal 1998 Fioretti svolge anche attività concertistiche come strumentista, cantante e arrangiatore. Ed è stato ideatore, fondatore e docente della Harlem School Of Music, istituto di formazione musicale. Vivendo tra Napoli, Roma e Bologna, si è dedicato allo studio del Jazz, del Blues e della ‘Musica d’Avanguardia.’ Tiene master class sulla musica blues, affrontando gli aspetti storici e sociologici della cultura afroamericana, concetti d’improvvisazione e proponendo approfondimenti sulle tecniche d’esecuzione dei diversi stili di blues. Cofondatore della ‘Harlem Blues Band’, ha partecipato a numerosi festival internazionali di musica blues, jazz e di arte contemporanea: ‘Porretta Soul Festival’, ‘Etna in Blues’, ‘Brindisi Blues Fest’, ‘Manfredonia Blues Fest’, ‘Alburni Jazz & Blues Fest’ (2017e 2018), ‘Lucca Blues Fest’, Jerry Ricks Blues Fest in Croazia (2019 e 2022), ‘Feo Fest’ nell’anno in corso. Il chitarrista polistrumentista pugliese o concerti in molti teatri italiani: ‘Palladium’ di Roma, ‘Auditorium Parco della Musica’ di Roma, ‘Teatro La Pelanda’ di Roma, ‘Teatro Stabile’ di Potenza, ‘Teatro Mercadante’ di Cerignola, ‘Teatro Giordano’ di Foggia, ‘Teatro Lucio Dalla’ di Manfredonia, ‘Teatro Politeama’ di Bisceglie. Nel 2012 dirige l’orchestra sperimentale ‘Orkestamp’ per il suo Concerto ‘InChiostro’ in occasione della rassegna d’arte contemporanea VarieAzioni al ‘Chiostro del Bramante’ di Roma. Sempre nello stesso anno partecipa, come esecutore di musiche sperimentali estemporanee, alla rassegna d’arte ‘DisegnoinSegno’ presso ‘Villa Gregoriana’ in Tivoli.
Nel 2019 è ideatore del progetto musicale Opera Omnia – Storie e canzoni di Fabrizio De André. Arrangiamenti originali per Violoncello, flauto traverso, chitarra e voce dedicato alla produzione del cantautore genovese. Dal 2021 è direttore artistico e art director del ‘Feo Fest’ (Benevento), festival delle arti performative contemporanee.
Come nasce la sua passione per la musica e quando diventa sperimentazione? Il suo amore per la musica possiamo dire sia iniziato per caso: Matteo è sempre stato affascinato dalla lettura, dalle arti visive e dalla musica. In cantina riusciva a osservare per ore la chitarra abbandonata dello zio. Iniziò a suonare a undici anni. Dapprima fu attratto dal violino per poi concentrarsi sulla chitarra. Suonare lo faceva sentire leggero e l’impressione era di essere in viaggio, alla scoperta di luoghi inesplorati, sensazioni tuttora vive dentro di sé. Fioretti è sempre stato un creativo, quindi non gli fu difficile l’approccio alla composizione. Essenzialmente scrive per liberarsi. Attraverso il potere rasserenante della scrittura il musicista recupera le giuste energie per superare ostacoli e ripristinare equilibri instabili. Scrive (questo afferma) anche per tenere vivi i ricordi, le persone o degli attimi vissuti intensamente.
«Per quello che riguarda la sperimentazione, come non subire il fascino dell’imprevedibile. Durante il mio periodo romano ho frequentato i centri nevralgici dell’arte e della musica contemporanea. Gallerie, accademie, club, atelier, mostre, studi e laboratori di ogni tipo lanciavano impulsi e sollecitazioni accattivanti. Per la prima volta vedevo da vicino i luoghi dove maturano visioni alternative della musica pur affondando le radici nella tradizione. Il mio desiderio irrefrenabile anti-convenzionale e sperimentale stava lentamente prendendo forma, il terreno era fertile e permeabile».
Nel 2012 la sua opera ‘Concerto InChiostro’ è premiata e selezionata per il vernissage di una rassegna d’arte contemporanea tenutasi all’interno del noto Chiostro del Bramante in Roma. Uno spettacolo unico, di carattere sperimentale. Con la canonica disposizione ad orchestra e il direttore collocato al centro della scena a dirigere i musicisti. Il concerto prevedeva l’esecuzione di un brano i cui suoni erano il risultante del lavoro delle stampanti, attivate nel momento in cui il direttore segnava l’inizio. Le stampe in questione erano frutto di uno spartito, un file digitale, accuratamente realizzato e distribuito ad ognuno dei performer prima di andare in scena. Il titolo polisemantico del concerto ‘Inchiostro’, che come è comprensibile, chiama in causa il luogo di esecuzione della performance, inoltre ricalca i contenuti specifici, e pratici (in quanto ‘prodotti’) del concerto in sé: fogli stampati a inchiostro.
Quali sono i suoi progetti futuri? «Ho in programma la produzione in studio dell’album ‘Syd Riley & The Bad Trip’ in duo con Antonio Cicoria, batterista jazz e compositore – dice l’artista – Verranno proposte composizioni originali e rielaborazioni incentrate su tematiche hard blues, psichedeliche e contemporanee, linguaggi e attitudini tipici dell’interplay jazz, di seguito un tour estivo con la Harlem Blues Band in collaborazione con artisti rhythm and blues di respiro internazionale. La produzione di uno spettacolo per la celebrazione dei cinquant’anni di ‘The dark side of the moon’, capolavoro discografico dei Pink Floyd e curare la direzione artistica della III edizione del Feo Fest – Festival delle arti performative contemporanee. Nel frattempo sta per uscire con la ‘Syd Riley and The Bad Trip’ il nuovo disco che si chiamerà ‘Le Cinque stagioni’»