La vita è tutta un trope

Ester Manzini, in libreria con il romance LGBTQ+ “Da quando sei qui” (Giunti), racconta il suo rapporto con il mondo del fandom e illustra gli effetti delle fanfiction sul marketing letterario

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Il mondo del romance contemporaneo è un mondo fatto di comodi tag che permettono di navigare in tutta sicurezza il web alla ricerca della storia d’amore in grado di conquistare anche il lettore più esigente. Ce n’è per chi ama il conflitto, un lettore che amerà perdersi nel mondo degli enemies to lovers, comoda etichetta che descrive le storie d’amore che iniziano con i due protagonisti in fazioni rivali. Allo stesso tempo, ce n’è tanto anche per chi apprezza il lato tragicomico dell’essere bloccati nello stesso luogo insieme ad una persona che non si sopporta, e dalla quale con il tempo ci si scopre attratti, come in ogni buona storia di forced proximity.

Sono anglismi che potrebbero fare timore al lettore più agé, ma non è solo una moda passeggera: sono trope, i topoi letterari del romance del terzo millennio, inquadrati con termini mutuati dal mondo del fandom, il regno dei fan di opere letterare, cinematografiche, serial e videoludiche, nel quale il pubblico del romance si sovrappone al pubblico dei lettori di fan fiction, storie scritte dai fan per altri fan. Quando si pensa alle fan fiction, si potrebbe pensare a letture di dubbia qualità… ma è proprio così? In fondo, secondo il dizionario Merriam-Webster le uniche qualità innate delle fan fiction sono il loro essere basate su opere già esistenti, ed essere pubblicate in maniera del tutto gratuita sul web per la gioia dei tanti lettori nottambuli che scelgono la propria storia della buonanotte sull’archivio internazionale Archive of Our Own.

Ester Manzini

Ester Manzini, in queste settimane in libreria con il romance LGBTQ+ “Da quando sei qui” (Giunti) è un’autrice esordiente che nelle “lande del fandom” ha iniziato a muovere i primi tasti. «Il mondo dell’editoria è cambiato moltissimo da quando ero una cucciola di “fanwriter”, nella prima metà degli anni duemila,» dice. «Ho avuto modo di rendermi conto dell’avvicinamento tra editoria e fandom forse con un paio d’anni d’anticipo, perché mi sono mossa molto nel mondo dei fandom internazionali, e lì era già molto più comune vedere autori molto seguiti su Archive of Our Own proseguire con la pubblicazione di un romanzo, o trasformare una propria fan fiction molto seguita in un romanzo, banalmente perché sono autori che scrivono bene e hanno già un pubblico disposto a leggerli.»

Da quando sei qui” è la storia di Stefano, burbero micologo che vive in Val Trompia con il suo fedele amico a quattro zampe Giorgio, e di Riccardo, giovane CEO di una startup in pieno burnout che lascia la grande Milano per ritrovare un briciolo di serenità a contatto con la natura. I due vicini di casa si troveranno a scoprirsi a vicenda, nonostante o forse proprio perché si tratta di due personaggi agli antipodi: nel gergo del fandom, una coppia così viene denominata “grumpy & sunshine”, un trope molto caro a chi cerca opposti che si attraggono. Non è raro che un post social che descrive la romance tra i protagonisti di un libro abbondi di questi termini: “Da quando sei qui” non fa eccezione, come racconta anche Ester. «A parte “grumpy & sunshine”, che è un tipo di coppia che mi piace molto scrivere, i trope non li ho scelti io: mi sono stati proposti dalla casa editrice,» spiega, «e riguardando la storia facendo un passo indietro li ho trovati tutti molto funzionali. Uno a cui non avevo pensato, ad esempio, è “small town”: mi dimentico sempre che è un trope che i lettori cercano specificamente, e tra i commenti raccolti finora in molti mi hanno fatto notare che l’ambiente è un po’ un terzo protagonista. Sono felice di essere riuscita a farlo risaltare, per me l’ambientazione dev’essere sempre funzionale oltre che estetica, e sono felice di aver potuto lavorare con editor che da questo punto di vista ci hanno visto molto più lungo di me.»

I due protagonisti del romanzo sono due Millennial, generazione alla quale appartiene anche l’autrice, e incarnano l’idea sempre più diffusa tra gli under 40 che un lavoratore non sia solo una macchina da profitti al servizio di un terzo, o costretta a piegarsi a ritmi innaturali per l’uomo per restare a galla nella vasca degli squali. «È il secondo romanzo in cui racconto forse qualcosa in più di me come persona,» dice, «e parte da un ragionamento che ho fatto durante gli anni della pandemia. Perché dovrei lavorare per ore per arricchire gente già ricca? Ho fatto i miei calcoli, e ho capito di potermi dedicare a ciò che davvero mi piace nella vita. Riccardo, il manager, va incontro ad una sorte simile: capisce che tutta quella soddisfazione nell’essere quel tipo di figura gli è stata inculcata.»
Perché un romance? Perché come regola generale, finisce bene. Il mondo del romance e il mondo delle fan fiction sono confinanti per natura: alla fine degli anni ’60, le fan adulte di Star Trek fondarono a New York una fanzine chiamata Spockanalia, tra le cui pagine si poteva trovare anche qualche storia d’amore autoconclusiva tra Spock e il capitano Kirk. E c’è un motivo se il romance è tra i generi preferiti degli autori di fan fiction in tutto il mondo: non richiede una concentrazione estrema sulla costruzione del mondo intorno ai personaggi, e nonostante le sofferenze dei protagonisti si sa che in un modo o nell’altro le cose finiranno bene per tutti (o quasi). «A me piacciono molto gli schemi, banalmente se dovessi paragonare il romance ad un altro genere per la sua “fissità” lo paragonerei al giallo, che è un altro genere che ragiona con regole e strutture precise – non come il fantasy, dove può succedere davvero di tutto,» racconta Ester. «Ma il bello di ogni romance è che nonostante la sicurezza del finale, il patema d’animo per tutto quello che circonda i protagonisti c’è sempre. In uno scrittore di fan fiction, il vantaggio di non doversi soffermare necessariamente a creare un mondo intorno ai personaggi partendo da zero è nel fatto che si lavora molto sull’interazione tra i personaggi. Ed è lì l’originalità – che per me non è un valore assoluto in una storia – anche nel rielaborare una materia conosciuta».

Tra i vantaggi del fandom, c’è sicuramente il fatto che tanta letteratura viene data in pasto a lettori di ogni genere in modo del tutto gratuito, a qualsiasi ora del giorno e in qualsiasi lingua corrente… ma cosa succede quando la grande macchina del marketing inizia a parlare la lingua dei fan? E perché succede? Siamo nell’epoca della “fanocrazia”, in cui il fan ha un potere d’acquisto non soltanto economico, ma anche in termini di risposta all’immagine che un determinato marchio (casa editrice, in questo caso) restituisce al pubblico di clienti reali e potenziali. «I brand prendono da sempre a piene mani dalla comunicazione no-profit, e l’uso dei trope come termini promozionali non fa eccezione: sono etichette, utili tanto a chi cerca determinate letture, tanto a chi vuole evitarle, e funzionano. Si tratta di un sistema che non è soltanto gratuito, ma è anche già stato testato su un pubblico internazionale e molto variegato per età e genere,» dice Ester, «e oltretutto, il mondo dell’editoria ha da sempre un occhio sul fandom non solo per pescare potenziali perle dal mare magnum delle pubblicazioni quotidiane su Archive of Our Own o Wattpad, ma anche per rendersi conto delle tendenze concrete dei lettori».

Alla fine dei giochi, resta un’unica domanda: cos’è la fan fiction rispetto alla letteratura edita? Un banale gradino? Un percorso parallelo? Non c’è una risposta unica, ma la prospettiva di Ester Manzini deriva non soltanto da anni di fan writing, ma anche dai contatti con il collettivo editoriale LuxLab, specializzato in romance LGBTQ+. «Alcuni miei romanzi sono fan fiction che mi sono sfuggite di mano. Tutto nasce molto spesso da una singola scena, che io inquadro con due personaggi che hanno alcune caratteristiche di cui mi piace scrivere, e poi si prosegue fino alla trasformazione in qualcosa di originale. Intraprendere il percorso di pubblicazione potrebbe portare con sé il rischio di perdere una minima libertà creativa, forse, ma in realtà penso che quella non possa portarcela via nessuno».

Marilù Rescigno

Giornalista professionista, nerd professionista, aspirante "fan scholar". Laureata in Filologia Moderna all'Università degli Studi di Salerno, decide di utilizzare le sue conoscenze per dare un volto istituzionale alla sua permanenza nel mondo del fandom attraverso lo studio delle sue influenze sul mercato della letteratura, del cinema e delle serie tv. Appassionata di sottoculture del web, letteratura trasformativa e animazione, si occupa di nuovi media, media LGBTQ+ e riflessioni sul rapporto tra le arti e le identità marginalizzate.

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