Good One, anche le ‘brave ragazze’ nel loro piccolo si stancano

La pellicola, produzione statunitense indipendente, è un viaggio che rappresenta la crescita e la fase delicata della tardo-adolescenza

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La rassegna di cinema della sezione Generator +18 della 54esima edizione del Giffoni Film Festival si apre con il film “Good One”, una produzione statunitense indipendente per la regia di India Donaldson, presentato al Sundance Film Festival di quest’anno. La storia segue uno spaccato della vita di Sam, un’adolescente queer che accetta di unirsi a un’escursione con suo padre Chris e con Matt, un vecchio amico di famiglia alle prese con la separazione dalla moglie e con il rapporto difficile con il figlio Dylan. Da sempre considerata “quella buona” – da cui il titolo del film – Sam dovrà fare i conti con i limiti del suo ruolo all’interno delle vite della sua famiglia, in una fase delicata come quella della tarda adolescenza, quando ci si affaccia per la prima volta a quella che potrebbe essere la vita adulta.

Il campeggio nelle grandi foreste incontaminate americane è uno scenario che spesso viene declinato interamente al maschile, culturalmente considerato quasi un rito di passaggio padre-figlio. In “Good One”, questo rito viene smantellato da più punti di vista: pur non essendo la tipica adolescente ribelle che alla fine dei 90 minuti del film viene “redenta” e le viene permesso di riconciliarsi con la figura paterna, che in questo specifico genere di coming-of-age ne esce ugualmente vincitrice, Sam è un personaggio inquieto e taciturno, che per buona parte del film fa semplicemente ciò che le viene detto, perché è questo che fanno le brave ragazze. Il suo essere una “brava ragazza” permette alla famiglia di soprassedere, in qualche modo, anche sul suo deviare dalla norma in quanto persona queer, perché poco importa se Sam non porterà mai un ragazzo a casa: finché non dà altri problemi, va bene a scuola e si rivolge agli adulti in modo educato, non sarà un elemento rilevante. L’importante è che una brava ragazza dica sempre di sì – ed è con il suo primo “no” che quest’immagine inizia, pur con la grazia del fiume che scorre, inizia a crollare poco a poco.

L’immaginario naturalistico, così soverchiante nelle continue panoramiche delle pareti rocciose sulle quali si avventurano i tre personaggi principali così come nei dettagli della fauna indisturbata, fa da sfondo ad una storia di crescita. Anche le grandi ombre delle paure sociali entrano di soppiatto in “Good One”, poco più che spettri che passano davanti alla telecamera e appesantiscono le spalle della giovane protagonista senza far rumore, ma con una presenza più che palpabile.

Il viaggio, che simboleggia la crescita sin da quando sono state codificate le leggi della narrazione, diventa qui un elemento interpretato in senso opposto rispetto alle convenzioni del genere: si ritrova se stessi, sì, ma non in una versione matura e saggia che possa andar bene agli adulti, bensì in un piccolo, silenzioso atto di ribellione che avrà come unico effetto quello di restituire alla protagonista un’autonomia alla quale ha rinunciato per fare da stampella emotiva a uomini adulti che possono concedersi (e si concedono) molte più fragilità di quante siano concesse ad una ragazza che vive l’età più delicata.

Marilù Rescigno

Giornalista professionista, nerd professionista, aspirante "fan scholar". Laureata in Filologia Moderna all'Università degli Studi di Salerno, decide di utilizzare le sue conoscenze per dare un volto istituzionale alla sua permanenza nel mondo del fandom attraverso lo studio delle sue influenze sul mercato della letteratura, del cinema e delle serie tv. Appassionata di sottoculture del web, letteratura trasformativa e animazione, si occupa di nuovi media, media LGBTQ+ e riflessioni sul rapporto tra le arti e le identità marginalizzate.

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