Esports, lo stretto rapporto tra giochi e videogames

Il primo simulatore era dedicato al tennis e risale a 70 anni fa. Un crescendo fino agli Olympic Games che sono una vera e propria forma di sport

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Il primo elemento che salta all’occhio leggendo il titolo è la condivisione della parola “gioco” fra il mondo dei videogiochi e il mondo degli sport, dove molto spesso viene utilizzata per indicarne alcuni e a volte anche come vero e proprio sinonimo: il gioco del calcio, il gioco della pallavolo ecc. Ma i giochi per eccellenza sono quelli Olimpici e a poco più di un mese di distanza dal termine di Parigi 2024 si coglie l’occasione per esplorare il rapporto fra videogiochi e sport che ha radici nella storia del medium videoludico. Un legame, infatti, che parte ben settant’anni fa e che continua ancora oggi e che si è diramato principalmente in tre vie: simulatori sportivi, adattamenti di alcuni sport all’interno di immaginari videoludici e l’evoluzione nel fenomeno degli eSports. I titoli videoludici dedicati alle Olimpiadi si inseriscono in tutte e tre le strade in modi differenti andando a formare una quarta via che tuttavia ha trovato un’interruzione proprio con Parigi 2024 su cui, di fatto per la prima volta dopo trent’anni, non è stato basato nessun videogioco.

Tennis for two
Pong

Tornando indietro al 1958 si trova quello che è considerato il primo videogioco della storia e allo stesso tempo il primo simulatore sportivo: Tennis for Two, creato dallo statunitense William Higinbotham, è importante per vari motivi. Rispetto ai suoi predecessori, è stato il primo ad utilizzare come output un display grafico e il primo videogioco a mediare l’interazione fra due fruitori. Il gioco, infatti, era un simulatore di tennis con un’inquadratura laterale del campo, il tutto visualizzato su un oscilloscopio. Per giocare si utilizzano due controller personalizzati in alluminio con cui i giocatori possono regolare l’angolazione dei loro tiri utilizzando una manopola presente sul controller e cercano di mandare la palla oltre la rete premendo un pulsante. Spiegare il funzionamento di Tennis for Two risulta necessario, in quanto ci si trova alla fine degli Anni Cinquanta e quindi davanti una vera e propria archeologia del medium. Dispositivi, funzionamenti e tecnologie che paragonate ad oggi sono totalmente obsolete e a tratti sconosciute, ma che sono alla base dei videogiochi odierni. L’elemento importante è ovviamente anche la scelta del contenuto del gioco: il tennis. Per creare qualcosa di interattivo, divertente e che ponesse una sfida si è guardati a giochi che avessero proprio queste caratteristiche, ovvero gli sport. La scelta è ricaduta sul tennis principalmente perché – nella realtà – una partita è giocata da due persone. Altra ragione è legata al comparto grafico: essendo molto grezzo e minimale al tempo, il campo da tennis risultava molto facile da riprodurre utilizzando pochi e semplici elementi grafici. Tennis for Two è stato il primo di una lunga serie di videogiochi che attingono dagli sport e per questo motivo i videogiochi sportivi possono, a buona ragione, essere considerati il primo in assoluto fra i generi videoludici a prendere vita. Il secondo videogioco sportivo della storia può essere considerato “Pong”, creato da Atari nel 1972, che simula, appunto, il gioco del ping-pong. Per quanto più “avanzato” rispetto a Tennis for Two, si ripresentano gli stessi criteri di scelta: uno sport praticato a due, con un punteggio massimo da battere – e quindi con un livello di sfida – e molto semplice da riprodurre graficamente, questa volta con una visuale dall’alto e non laterale. Negli Anni Settanta il successo di Pong fu incredibile, tanto che vennero creati dei veri e propri cloni del videogioco. Il focus su Tennis for Two e Pong aiuta a capire come il rapporto fra mondo dello sport e mondo del game sia stato sancito fin dagli albori del medium videoludico e che sia stata “la palestra” di avvio per tutto il settore dei videogiochi.

Quando si parla di videogiochi sportivi, tuttavia, il primo pensiero va al calcio e in particolare a “FIFA”. Il primo simulatore calcistico si ha nel 1980 con “NASL Soccer”, pubblicato dalla Mattel per Intellivision che prevedeva la modalità a due giocatori, ognuno dei quali utilizzava una squadra. Il gioco era decisamente avanzato per l’epoca per la possibilità di comandare direttamente anche il portiere, ma limitato per quanto riguarda l’aspetto grafico: i giocatori erano rappresentati da un insieme di pixel e non comparivano tutti sullo schermo. Col tempo, i videogiochi sportivi sono aumentati e, conseguentemente, si è rivolta l’attenzione ad altri sport. Nascono infatti videogiochi di basket, baseball e golf, hockey ma anche simulatori di guida tra auto e moto. Parlando di sport non si poteva non volgere lo sguardo ai Giochi Olimpi e sempre nel 1980 si ha il primo gioco sulle Olimpiadi creato da Microsoft, “Olympic Decathlon”. Il videogiocatore poteva gareggiare in dieci discipline: la corsa dei 100 metri, il salto in lungo, il lancio del peso, il salto in alto, la corsa dei 400 metri, i 100 metri a ostacoli, il lancio del disco, il salto con l’asta, il giavellotto e la corsa dei 1500 metri. Ci furono poi altri titoli molto simili ad Olympic Decathlon, dedicati sì ai giochi olimpici, ma non ufficiali. Saranno le Olimpiadi di Barcellona del 1992 ad inaugurare quella che diverrà in futuro una tradizione con “Olympic Gold”, pubblicato in esclusiva su Sega Mega Drive. Gli sport inclusi nel titolo sono sette: 100 metri, tiro con l’arco, lancio del martello, 110 metri a ostacoli, salto con l’asta, 200 metri di nuoto stile libero e tuffi e il videogiocatore può scegliere tra nove nazioni da utilizzare. Da quel periodo in poi, l’interesse del mondo videoludico per le Olimpiadi è sempre stato costante fino a Parigi 2024 che, per la prima volta, non ha avuto un suo videogioco ufficiale. Qual è la motivazione? In un articolo di Esquire, Christopher Paul – professore di comunicazione e media dell’Università di Seattle – afferma che: «i giochi sportivi sono prodotti estremamente sensibili al tempo e vengono acquistati solo all’inizio della stagione sportiva. Con i videogiochi olimpici è ancora peggio: il publisher ha solo una finestra di due mesi ogni quattro anni in cui può sperare di venderli». La questione è quindi puramente economica, e la questione dei costi di produzione che non verrebbero coperti dai guadagni fa capire quanto il videogioco sia anche un prodotto commerciale dedito alle vendite con mercato molto ampio inserito a sua volta nel grande bacino dei prodotti d’intrattenimento. In realtà un videogioco ufficiale di Parigi 2024 esiste, ed è “Olympics GO! Paris 2024!”, giocabile gratuitamente su mobile e PC. Nella descrizione degli store online dove è possibile scaricarlo si legge: “Immergiti nei Giochi Olimpici e allenati come un campione in 12 minigiochi travolgenti. Domina la piscina, padroneggia il tiro con l’arco e spingi i tuoi limiti nell’atletica leggera. Scatena l’architetto che è in te e costruisci la città dei tuoi sogni attorno alle aree olimpiche con punti di riferimento iconici.” A tutti gli effetti potrebbe essere considerato il videogioco di Parigi 2024, ma quindi perché si parla di un Olimpiade che non ha il suo videogioco ufficiale? La risposta risiede in due caratteristiche di Olympics GO! Paris 2024: la prima è il suo mancato sviluppato per console, la seconda risiede nel suo rilascio gratuito. Entrambi sono enormi differenze con i titoli precedenti, nonostante rispecchino il mercato videoludico odierno e soprattutto il target di riferimento. Nelle nuove generazioni, infatti, è lo smartphone il dispositivo che regna sovrano anche e soprattutto per il gaming, che sia online o offline, e l’assenza di un costo risulta essere una scelta molte volte obbligata per una maggiore accessibilità del prodotto.

Ed è proprio l’accessibilità una componente essenziale anche per fini comunicativi e conosciutivi, per avvicinare in altri modi le nuove generazioni alle Olimpiadi. Esiste anche un altro modo, un altro spazio di espressione sia per i videogiochi sportivi, sia per quelli dedicati ai giochi olimpici. Questo spazio risiede negli adattamenti dei vari sport in altri mondi videoludici e fra i tanti spiccano gli universi di Super Mario e Sonic. Fra i due è decisamente Mario quello più dedito allo sport. Iniziando con un cameo in “Tennis”, nel 1984, dove interpretava l’arbitro, l’idraulico divenne presto protagonista di molti titoli che andarono poi a comporre delle vere e proprie serie che ruotano, ancora oggi, intorno al tennis, golf, football e baseball, una generica serie Mario Sports e, ovviamente, la serie dedicata ai Giochi Olimpici, in cui è in compagnia di Sonic. Il primo “Mario & Sonic ai Giochi olimpici” è stato creato in vista delle Olimpiadi di Pechino 2008 per poi proseguire con: “Mario & Sonic ai giochi olimpici invernali” per i Giochi olimpici invernali di Vancouver, nel 2010; “Mario & Sonic ai Giochi olimpici di Londra 2012”; “Mario & Sonic ai Giochi olimpici invernali di Sochi 2014”; “Mario & Sonic ai Giochi olimpici di Rio 2016”; “Mario e Sonic ai Giochi olimpici di Tokyo 2020”. Se si pensa al fatto che un tempo, nella Golden Age dei videogiochi (Anni Ottanta) Sonic fu creato da SEGA come mascotte competitiva di Super Mario, simbolo di Nintendo – il che diede vita alla cosiddetta “console war” – la serie Mario & Sonic ai Giochi Olimpici incarna perfettamente il valore di (ri)unione dello sport e delle Olimpiadi.

Olympic series

Unendo sport, nuove generazioni, videogiochi e digitale, fuoriesce una parola chiave: eSports. Anche detti “videogiochi competitivi”, si tratta di tornei e competizioni svolte da videogiocatori professionisti. La prima regola per capire gli eSports è che non si tratta solo di videogiochi legati alla simulazione di sport, ma alcuni titoli che rientrano nel genere videoludico sportivo possono rientrare negli eSports. Infatti, un videogioco, per essere considerato videogioco competitivo, deve avere determinate caratteristiche: alti livelli di competitività, deve essere giocato su ampia scala e comprendere il gaming online, deve essere attrattivo per gli spettatori e deve essere in grado di garantire un importante montepremi. Per questi fattori, all’interno del panorama eSports rientrano anche videogiochi come gli sparatutto in prima persona (es. “Call of Duty”), i Moba (Multiplayer Online Battle Arena, es. “League of Legends”) e, come accennato, i videogiochi sportivi (FIFA, Gran Turismo ecc). Servirebbe un articolo a parte per descrivere la portata del fenomeno eSports – che ha anch’esso origine molti anni fa a partire dagli Anni Ottanta e Novanta – e per parlare di tutto l’ecosistema che si muove intorno, nonché esplorare controversie e dibattiti in merito al riconoscimento degli eSport al pari degli sport tradizionali. Per capirne però l’importanza oggi, basta accennare l’avvicinamento del Comitato Olimpico Internazionale ai videogiochi competitivi attraverso quelli che inizialmente sono stati denominati gli Olympic Virtual Series. Così li descrive Thomas Bach, Presidente del CIO: «Gli Olympic Virtual Series sono una nuova, unica esperienza digitale olimpica che mira a far crescere il coinvolgimento diretto con un nuovo pubblico nel campo degli sport virtuali». I primi Olympic Virtual Series si sono tenuti in vista di Tokyo 2021 e consistevano nello svolgimento di cinque discipline virtuali: baseball, ciclismo, canottaggio, vela e sport motoristici. Quello che risalta è il non aver utilizzato fin da subito il termine eSports e di escludere determinate tipologie di videogiochi, soprattutto quelli che prevedono “l’eliminazione” dell’avversario, come possono essere gli sparatutto in prima persona. Lo stesso Thomas Bach spiega la questione, dicendo che alcuni videogiochi competitivi non sono in linea con i valori veicolati dagli sport tradizionali. Continua così la strada dei virtual sports in parallelo alle Olimpiadi. Dopo altre edizioni, tra cui quella del 2023, tenutesi a Singapore, dove le discipline sono diventate nove (includendo “Gran Turismo” e “Just Dance”), durante la 142a sessione del CIO a Parigi 2024 la commissione ha approvato all’unanimità la proposta del Comitato Esecutivo del CIO annunciando la prima edizione degli Olympic Esports Games che si terranno nel 2025 nel Regno dell’Arabia Saudita. Ritorna, quindi, il termine eSports che va meglio a rappresentare la tipologia di evento, in quanto nella nuova edizione potrebbero essere inclusi, oltre i simulatori sportivi, anche videogiochi di altro genere come “Rocket League” e la serie “Street Fighter”. Inoltre, il termine eSports si è cristallizzato ed è diventato di uso comune, soprattutto dalle nuove generazioni e in questo modo l’evento è subito riconoscibile. Altra peculiarità è il fatto che gli Olympic eSports Games si possono svolgere sia in parallelo delle Olimpiadi, ma in un altro luogo, oppure fra un’edizione e l’altra dei giochi olimpici. Con un lavoro di regolamentazione da parte degli Stati in condivisione con i rispettivi Comitati olimpici nazionali e il CIO, gli eSports potrebbero rappresentare una forma di sport che non vada a sostituire gli sport tradizionali ma viaggiare con loro di pari passo, andando ad identificare una nuova via sportiva espressamente percorsa dalle generazioni di oggi e che verranno.

 

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