Ed eccoci alle Elezioni Europee, c’è stato un gran chiacchierare sulla Meloni che non ci andrà, come pure la Schlein, Tajani manco per niente… quindi “la domanda nasce spontanea” diceva Lubrano: ma se si candidano già con l’intento di non andarci, chi andrà al Parlamento Europeo? O meglio, a questo punto, chi manderanno visto che la loro presenza in lista è solo per attrarre consensi elettorali? Una volta in UE ci mandavano i trombati o chi dava fastidio in Italia, ma oggi è troppo, troppo importante, tutto passa per la UE e se non mandiamo gente con gli attributi professionali, peggio sarà!
La nostra incertezza sta nel fatto che non sappiamo chi ci andrà e in fine ce ne disinteressiamo, tanto che se chiedessimo a uno qualunque difficilmente direbbe il nome di un solo parlamentare europeo italiano, ci scommetto e sono in buona compagnia: Susanna Turco sull’Espresso di un paio di settimane fa chiedeva proprio “C’è qualcuno che ricordi un nome o un volto di un candidato europeo?”
È noto che i parlamentari italiani sono poco affezionati a Bruxelles… è rimasta negli annali degli aneddoti quella parlamentare siciliana che, avendo paura di viaggiare in aereo, affittava – a spese nostre – auto e autista e una volta al mese si spostava dalla Sicilia a Bruxelles per recarsi alla sua lobby preferita… ma c’è di peggio, la cito perché schedata: Mara Bizzotto della Lega ha battuto un bel record: è stata tra il 2009 e il 2022 nella top ten degli assenteisti… però pare fosse molto aficionada alle lobby. Il punto è proprio questo: i parlamentari non vanno a Bruxelles o a Strasburgo in quanto la maggior parte di loro si fa supportare dalle lobby… e magari hanno più tempo per acquisire appalti per le aziende di famiglia, consulenze nei consorzi più inutili e gradire i tanti benefit dalle multinazionali.
Cosa costa non essere sul pezzo? Largo al pronto soccorso delle lobby
Se non siamo a Bruxelles in prima persona, poi capita che qualche figuro fantasioso dalla Polonia ci vuol far fare la pizza con quel formaggio giallino triste tale e quale alla mozzarella, qualche francese che vuol mettere a giro l’originale pomodoro Saint-Mastàn importato dalla Cina o chi ci voleva obbligare a far maturare il lardo di colonnata in recipienti di acciaio inox perché in Germania viene bene lo stesso o, infine, assistere inermi all’arrivo al porto di Brema in Germania di uno dei 4 famosi traghetti Explorer -infinitamente grandi -, pieni zeppi di 7300 auto elettriche da distribuire in Europa (😱).
Ma è giusto fare un po’ di chiarezza sulle lobby che operano fisse in Europa: ci sono quelle delle multinazionali o dei grandi gruppi di potere che girano con le tasche piene di Euro per raggiungere i propri obbiettivi (i Paesi Sauditi, si sono aggiunti ai soliti di sempre come energia, tabacchi, etc..) e le lobby indipendenti che sono società o gruppi di servizio che nascono con lo scopo di agevolare i Parlamentari suggerendo proposte e/o impegni, scrivendo interventi, abbozzando delibere e supportando gli assistenti portaborse: insomma. quello che serve ai nostri parlamentari europei.
All’interno del panorama politico europeo, il ruolo delle lobby nell’influenzare l’operato dei parlamentari, in specie dei neo-eletti, assume una rilevanza significativa. Tale fenomeno, sebbene possa apportare benefici in termini di accesso a informazioni e competenze specifiche, solleva altresì preoccupazioni circa la potenziale sussistenza di pericoli sia per il funzionamento dello stesso Parlamento che per la tutela dell’interesse generale.
Lobby, una dolente necessità per l’imperizia di chi mandiamo a Bruxelles.
Da un lato, le lobby rappresentano un canale prezioso per i parlamentari, soprattutto per quelli di prima nomina, di acquisire conoscenze approfondite su tematiche complesse e di interfacciarsi con molteplici gruppi di interesse. Tale interazione consente loro di ampliare la visione d’insieme su tematiche specifiche, facilitando la formulazione di decisioni informate e maggiormente rappresentative delle diverse esigenze emergenti.
Tuttavia, tale dinamica rischia di creare la cosiddetta asimmetria informativa, cioè l’eccessiva dipendenza dei parlamentari dalle lobby, specie per quanto concerne la formulazione di proposte legislative. Infatti la mancanza di competenze specifiche potrebbe indurre alcuni parlamentari ad accettare acriticamente le soluzioni dei lobbisti, trascurando una valutazione autonoma e politica.
Per tale ragione, è importante sottolineare l’esistenza di un Quadro normativo volto a disciplinare le attività di lobbying e a garantire la trasparenza del processo decisionale. Il Parlamento Europeo ha infatti adottato un registro per la trasparenza, un codice di condotta per i parlamentari e limiti ai finanziamenti, al fine di tutelare l’interesse generale e prevenire conflitti di interesse: la relazione tra parlamentari europei e lobby dovrebbe configurarsi come un’interazione responsabile, un interscambio proficuo e trasparente nel quale i parlamentari dovrebbero impiegare le informazioni e le competenze acquisite grazie all’interazione con i lobbisti per elaborare decisioni autonome e nell’interesse dell’Unione Europea, mentre i lobbisti dovrebbero operare con responsabilità e nel rispetto delle normative vigenti.
…e l’operazione “Quatargate” ha dimostrato che il limite sta proprio nel condizionale dovrebbero: perché nel 2022 abbiamo toccato con mano quanto invece fosse ampio l’appoggio del Parlamento UE (allo stato oltre 60 indagati tra parlamentari, assistenti, lobbisti, etc..) sia per l’organizzazione del campionato mondiale di calcio che per tutto il bailamme turistico a favore del Quatar, un Paese che sovverte tutti i principi di libertà e democrazia sui quali fonda la UE.