Giornalisti, dal carcere al bavaglio

I giornalisti insorgono contro il ddl in discussione in Senato: multe salatissime che comportano un rischio concreto di autocensura. Silenzio sulle querele temerarie. Libertà di informazione sempre più a rischio. Il 14 una mobilitazione generale

Tempo di lettura 3 minuti

Diffamazione a mezzo stampa: stop al carcere ma via libera a multe salate, fino a 50mila euro. I giornalisti lanciano un grido di allarme contro la proposta di riforma della legge sulla diffamazione a mezzo stampa (il cosiddetto ddl Balboni) – attualmente in discussione al Senato – e preannunciano una giornata di mobilitazione. Il disegno di legge è «un testo che mette a repentaglio l’autonomia dei cronisti, la libertà di informazione e il diritto dei cittadini a essere informati» – ha più volte rimarcato la Fnsi. Per il presidente dell’Ordine dei giornalisti, il progetto di riforma è «una bomba a orologeria».

Il testo fin dall’inizio aveva raccolto pareri negativi e richieste di modifica sia da parte dell’Ordine sia dalla Fnsi che, in una conferenza stampa, avevano illustrato le preoccupazioni della categoria e indicato la necessità di modifiche a un disegno di legge che abolisce il carcere per i giornalisti ma innalza il tetto massimo delle multe fino a una cifra ritenuta esagerata per una categoria in perenne crisi, aumentando il rischio delle querele temerarie e, di fatto, imponendo l’autocensura.

I punti critici

Sanzioni elevate e querele temerarie. Il tetto massimo di sanzioni per un giornalista ritenuto colpevole di diffamazione a mezzo stampa sale a 50mila euro (la multa attuale è di circa mille euro, comunque non inferiore a 516 euro); una cifra insostenibile per la maggior parte di professionisti dell’informazione, autonomi e freelance, che probabilmente – viste le retribuzioni del settore – un importo simile lo guadagna (forse) in tutta la vita. Ma si tratta di cifre assurde anche per le realtà editoriali di oggi, perennemente in crisi. Il progetto, inoltre, non prevede alcun elemento di dissuasione contro le querele temerarie, querele spesso infondate che hanno lo scopo di intimidire il giornalista con richieste di ingenti rimborsi in denaro: una vera e propria piaga per il mondo della libera informazione di cui si discute anche a livello europeo con la direttiva anti-Slapp (acronimo di strategic lawsuits against public participation, cioè cause strategiche contro la partecipazione pubblica). «La capacità dei giornalisti di riferire liberamente su qualsiasi questione di interesse pubblico non è solo importante, ma essenziale per qualsiasi società democratica» – ha detto lo scorso mese di luglio la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, nel commentare l’approvazione della direttiva da parte del Parlamento UE.

I tour giudiziari. Ci sono anche altri problemi e sono legati al foro di competenza: in caso di querela il giornalista sarebbe chiamato a rispondere dell’ipotesi di reato nel tribunale della città di residenza della persona offesa e non nel tribunale della città in cui è registrata la testata giornalistica. Un fatto, questo, che costringerebbe il giornalista a trasferte particolarmente costose, dando il via a veri e propri tour giudiziari per il Paese e a inevitabili maggiori spese per gli avvocati.

La rettifica inattaccabile. Il progetto di legge torna anche sulla rettifica, chiedendo che venga pubblicata senza commento, senza risposta e senza titolo: la rettifica diventa di fatto inattaccabile ma si crea uno squilibrio a favore della presunta parte offesa e a danno del diritto di cronaca – replicano i giornalisti.

Carcere ai giornalisti: i precedenti

Non bisogna andare molto indietro nel tempo per ricordare condanne al carcere per giornalisti ritenuti colpevoli di diffamazione a mezzo stampa. Nel 2013 furono condannati in primo grado dal Tribunale di Milano tre giornalisti di Panorama: Giorgio Mulè (8 mesi senza la condizionale), direttore, Andrea Marcenaro e Riccardo Arena (un anno), collaboratori, per presunta diffamazione ai danni del procuratore di Palermo, Francesco Messineo in relazione a un articolo del 2010. Sempre nel 2013 era salito alla ribalta della cronaca il caso di Francesco Gangemi, giornalista di 79 anni ed ex sindaco di Reggio Calabria, finito arrestato 46 giorni (carcere e domiciliari) e poi rimesso in libertà per ragioni di età e di salute.

Poco meno di un anno prima Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale, era stato condannato in via definitiva per diffamazione del magistrato Giuseppe Cocilovo a 14 mesi di reclusione, sentenza confermata dalla Cassazione e poi finito ai domiciliari prima della concessione della grazia dal presidente della Repubblica Napolitano.

Secondo i dati del Ministero della Giustizia, riportati da Linkiesta.it, nel 2015 i tribunali in Italia avevano condannato 155 giornalisti al carcere

Le novità

L’abolizione del carcere. Il testo di riforma abolisce di fatto il carcere per i giornalisti – previsto dall’articolo 595 del Codice Penale e dall’articolo 13 della legge sulla stampa n.47/1948. Si tratta di norme, di fatto, disapplicate da anni e per cui era stata richiesta anche l’abolizione da parte della Corte Costituzionale che ha chiarito la necessità che l’informazione sia “cane da guardia” e non “pericolo per la democrazia”. Negli anni scorsi i Tribunali di Bari e di Salerno avevano sollevato il dubbio di legittimità costituzionale anche alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Anche nella relazione annuale del presidente della Corte Costituzionale del 2021 si faceva riferimento ai moniti della Corte costituzionale al Legislatore: un incoraggiamento al Parlamento a intervenire per cambiare la legge.

L’autocensura. Tornando al disegno di legge in discussione al Senato, appare evidente come l’aumento della sanzione a 50mila euro (oggi si aggira intorno ai mille euro, e comunque non inferiore ai 516 euro) sarebbe di fatto un bavaglio per i giornalisti, soprattutto in considerazione del fatto che sono già numerosi i giornalisti italiani poco tutelati che, di fronte al rischio di un’azione legale, si autocensurano. L’impressione è che sia stato abolito il carcere ma inserita una nuova forma di manette per la libera informazione.

Proprio per questo e per lanciare l’allarme contro la legge bavaglio, il sindacato ha convocato per giovedì 14 dicembre una riunione straordinaria del Consiglio nazionale per tenere accesi i riflettori sulla proposta di legge all’attenzione della Giustizia di palazzo Madama.

Barbara Ruggiero

Coordinatore del magazine, giornalista professionista, è laureata in Comunicazione. È stata redattrice del Quotidiano del Sud di Salerno e, tra le altre esperienze, ha operato nell’ufficio comunicazione e rapporti con l’informazione dell’Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni). Già docente di progetti mirati a portare il giornalismo nelle scuole, è stata anche componente e segretaria del Consiglio di Disciplina dell’Ordine dei giornalisti della Campania.

Previous Story

L’arte nei luoghi della fede, un teatro globale

Next Story

Micoplasmi e micoplasmosi, troppi falsi esperti