Dal foglio allo schermo: exploit di Daisy Jones & The Six

Il dialogo trasmediale della serie - basata su un falso documentario - che scala la classifica di Prime Video e abbraccia diverse arti intrecciandole sapientemente

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Dipendenze, amore e rock: questi sono gli ingredienti che hanno portato il romanzo Daisy Jones & The Six al successo scavalcando le classifiche e ottenendo un’attenzione particolare dalla piattaforma streaming Prime Video. Pubblicato nel 2019, il romanzo racconta le vicende di una band rock immaginaria degli anni ’70 partendo dagli esordi fino al suo apice, indagando sulle cause del suo tramonto. Non è la prima volta che la scrittrice statunitense Taylor Jenkins Reid appassiona i suoi lettori e le sue lettrici proponendo una biografia immaginaria; I sette mariti di Evelyn Hugo (2017) è stato molto apprezzato dalla critica e dal pubblico ed è diventato un vero e proprio fenomeno sul BookTok. Al pari della band Stillwater di Quasi famosi (regia di Cameron Crowe) e la direttrice d’orchestra Lydia Tár di Todd Field, anche l’attrice hollywoodiana Evelyn Hugo, la cantautrice Daisy Jones e i membri della band The Six sono frutto della pura finzione. Il pregio della scrittura della Jenkins Reid è quello di rendere così credibili questi personaggi da insinuare il dubbio in chi legge sulla loro reale esistenza. D’altronde, l’autrice ha sempre lavorato con i “personaggi” sia in qualità di sceneggiatrice sia nell’ambito dei casting. Il bestseller Daisy Jones & The Six è stato nominato libro dell’anno dalle testate inglesi e americane più prestigiose alla sua uscita ed è arrivato in Italia nel 2020 (edito Sperling & Kupfer) con la traduzione di Stefano Bortolussi.

Daisy Jones & The Six: storia travagliata di una band

L’autrice si è ispirata, per raccontare questa storia, alla band rock britannica-statunitense Fleetwood Mac, considerata da Rolling Stone tra i gruppi più influenti del mondo della musica. Il loro album Rumours è settimo nella classifica dei migliori cinquecento album di tutti i tempi stilata dal periodico statunitense. La storia inizia nel 1968, quando Billy Dunne, insieme al fratello Graham e agli amici di quest’ultimo, forma la band. A supportarlo, c’è la moglie Camila, la fotografa della band. Dopo un primo successo, Billy cade nel tunnel della droga e dell’alcol, infrangendo i sogni dei suoi amici costretti a interrompere il loro primo grande tour. Dopo la riabilitazione, la band tornerà sui palchi ma non da sola: la magnetica quanto problematica cantautrice Daisy Jones porterà il gruppo musicale verso le luci della ribalta. Il suo ingresso nella band, però, romperà gli equilibri e la risalita sarà più complicata di quanto previsto dai membri, soprattutto per la rivalità-attrazione tra Billy e Daisy. Non vi è un unico punto di vista, il racconto si presenta come un puzzle da ricostruire attraverso le interviste dei membri del cast, dei produttori, dei critici musicali e degli amici. Jenkins Reid affida al lettore il compito di entrare nelle vite dei personaggi, di comprendere il loro modo di agire e di osservare le sfaccettature di ogni avvenimento; uno storytelling dal taglio giornalistico davvero originale e avvincente contornato dal sottile mistero su chi conduce le interviste.

La serie limitata Daisy Jones & The Six targata Prime Video

Daisy Jones & The Six è un testo che permette all’immaginazione di crearsi la propria musica, i propri spettacoli e i propri idoli. Le case di produzione (Hello Sunshine, Circle of Confusion e Amazon Studios) hanno fin da subito compreso le potenzialità di una serie limitata basata sull’omonimo romanzo. La miniserie è stata annunciata nel 2019 ed è stata distribuita su Prime Video nel 2023 ricevendo numerose candidature agli Emmy Awards e ai Golden Globes. Composta da dieci puntate, è stata ideata e sceneggiata da Scott Neustadter e Michael H. Weber, un duo consolidato che ha ricevuto la candidatura come miglior sceneggiatura non originale agli Oscar 2018 per The Disaster Artist (regia di James Franco). Seguendo la struttura del libro, la miniserie si presenta come un falso documentario girato dopo venti anni dall’ultima esibizione della band intervallando flashback della loro vita a Pittsburgh e dei tour a Los Angeles con le interviste ai membri, una sorta di effetto Rashomon mitigato dall’oggettività dei filmati. Scegliere gli attori è stato un compito arduo, bisognava ricreare non solo la moda degli anni ’70, ma anche ricercare volti che potessero rispecchiare al meglio una band di quel periodo senza deludere le aspettative dei fan del libro. Il cast ha soddisfatto a pieno le esigenze della trama con attori totalmente in parte e perfetti per misurarsi con una band indie-rock. Nei panni dell’indipendente tastierista Karen Sirko troviamo Suki Waterhouse, nei panni di Graham Will Harrison, Josh Whitehouse in quelli dell’ambizioso bassista Eddie e, infine, il batterista Warren è interpretato da Sebastian Chacon. La colonna portante della miniserie è la chimica che si percepisce fra i due coprotagonisti Daisy e Billy, interpretati rispettivamente da Riley Keough e Sam Claflin (amatissimo dal pubblico dalla saga cinematografica Hunger Games). Keough è riuscita a trasportare sullo schermo un personaggio evanescente, fuori dagli schemi, distrutto dalle dipendenze e dalla mancanza di amore, però con il forte desiderio di salire sul palco con la propria personalità magnetica. D’altronde, l’attrice conosce da vicino quanto si possa restare imbrigliati in certe dinamiche del mondo della musica essendo la nipote di Elvis Presley. Nonostante alcuni personaggi non ci siano nella serie limitata (non è stato inserito il bassista Pete Loving, nella serie il “sesto membro” è la moglie di Billy), questa ha il merito di approfondire personaggi marginali nel romanzo con un forte bagaglio emotivo. Non si parla solo del successo mondiale di una band, ma anche di tematiche attuali quali la carriera, la maternità, il matrimonio, il funzionamento dell’industria musicale, della fama, di perdono e del senso del dovere. Il finale alla How I met your mother rende la relazione tra i due protagonisti ancora più intricata e intima, dal sapore dolceamaro.

Il merito della miniserie Daisy Jones & The Six

Le pagine del romanzo hanno permesso di immaginare una band, la serie limitata ci ha permesso di avere una band: questo è il più grande merito di Daisy Jones & The Six. La musica è un personaggio a sé, convive con l’evoluzione della band mettendo a nudo l’anima dei membri divenendone la colonna sonora. Gli stessi titoli delle puntate sono delle tracce riprese da quelle esistenti come Feels Like the First Time, She’s Gone o Rock’n’roll suicide. I testi della scrittrice prendono forma nell’album Aurora pubblicato dalla Atlantic Records il 2 marzo 2023, il giorno prima del rilascio della serie limitata, grazie all’impegno di Blake Mills (esecutore e produttore) con l’aggiunta di Tony Berg e la collaborazione di musicisti (in primis Chris Weisman e Phoebe Bridgers). Le voci dell’album sono quelle di Sam Claflin e Riley Keough; difatti, gli attori hanno dovuto prendere lezioni di canto per partecipare al progetto. La loro sintonia si vede negli accordi degli sguardi e nelle scene con il microfono congiunto regalando performance degne di una band indie-rock anni ’70. L’omaggio ai Fleetwood Mac non si limita alla musica, traspare anche dai costumi, in particolare nei foulard di Daisy che richiamano quelli di Stevie Nicks in scena. Dal romanzo alla miniserie all’album musicale, un dialogo trasmediale che abbraccia diverse arti e le intreccia inequivocabilmente. Aurora è disponibile, infatti, sulle piattaforme digitali Amazon Music e Spotify, oltre che su YouTube. L’amante del libro può adesso ascoltare i brani e l’immaginazione può far parte dei propri momenti di relax. La bellezza del falso documentario crea empatia con una band mai esistita rendendola reale e tangibile, trasportando gli anni ’70 negli anni 2000.

 

 

 

 

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