Crisis Management: Boccia-Ferragni, esempi opposti di cosa non fare

Due approcci alle situazioni difficili con esiti differenti: i fatti di cronaca hanno evidenziato aspetti fondamentali di come reagire alle difficoltà con la comunicazione

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Oggi è semplice crearsi una reputation, effimera che sia, ma è altrettanto semplice perderla. I due casi esemplari sotto gli occhi, che permettono di analizzare le dinamiche della comunicazione di crisi, sono quelli di Maria Rosaria Boccia, una sconosciuta diventata oggetto di attenzione mediatica, e Chiara Ferragni, celebrità del web, considerata tra le maggiori influencer in Italia e nel mondo. Sebbene entrambe abbiano affrontato situazioni di crisi reputazionale, le modalità con cui hanno gestito la comunicazione sono state profondamente diverse, così come i loro destini.

Il caso Maria Rosaria Boccia

Lei era un personaggio del folto sottobosco politico italiano in questua -come tanti- di appoggi e conoscenze più o meno concreti. Si è ritrovata all’improvviso al centro della gogna mediatica, ma la sua capacità di gestione della crisi si è dimostrata efficace e strategica, tanto da suscitare interesse negli studi sociologici e di comunicazione: obiettivamente è stata all’altezza, ha affrontato la situazione con una combinazione di approcci che hanno fatto leva su alcune fondamentali tecniche di relazione, come dal manuale di Daniel Goleman “l’intelligenza emotiva”:

  1. Autenticità e trasparenza: fin dal primo momento, Maria Rosaria Boccia ha scelto di mostrarsi autentica, trasparente nella sua comunicazione e personalmente normale; nella lunga intervista dell’accoppiata Aprile-Telese su La7 la sua naturalezza ha contribuito a creare empatia nel pubblico, che ha percepito una genuina volontà di risolvere il problema piuttosto che nascondere i fatti… e la vera o presunta trasparenza di Boccia è risultata convincente.
  2. Utilizzo proattivo dei social media: Boccia ha utilizzato i social media come piattaforme di diffusione del proprio messaggio, sfruttando l’interattività e la possibilità di comunicare direttamente con gli utenti. Non ha lasciato che i media generalisti controllassero la narrazione, ma ha preso in mano la situazione, pubblicando dichiarazioni, video e post che spiegavano la sua versione dei fatti.
  3. Tempismo e coerenza: altra chiave del successo della gestione della crisi è stato il tempismo. Ha risposto rapidamente alle accuse e ha mantenuto una comunicazione coerente durante tutta la crisi. Il suo messaggio -checché ne vogliano dire i giornali di destra- è rimasto fermo e chiaro, senza contraddizioni e dubbi: polemiche e qui pro quo sono stati creati ad arte da altri.
  4. Approccio empatico e umano: Boccia ha adottato una comunicazione empatica, mettendo al centro della narrazione le sue emozioni e il suo vissuto personale. Questo ha facilitato una connessione emotiva con il pubblico, che ha cominciato a vederla come una vittima delle circostanze piuttosto che come una figura negativa, riducendo così l’ostilità mediatica.
  5. Strategia di rete: infine, ha saputo sfruttare la rete in modo strategico. Ha collaborato con influencer e personaggi pubblici che hanno sostenuto la sua causa, amplificando il suo messaggio e fornendo una legittimazione esterna. Questo ha permesso di consolidare il suo messaggio e di creare un fronte compatto a suo favore, riducendo la percezione negativa iniziale… in questo -in verità- aiutata molto dal comportamento imbarazzante del ministro Sangiuliano.

Il caso Chiara Ferragni

Dall’altra parte, la Ferragni rappresenta un esempio interessante di come anche una personalità con enorme e consolidato seguito possa cadere in disgrazia se non riesce a gestire una crisi di reputazione. Da anni dominava la scena dell’influencer marketing, ed era abituata a gestire la sua immagine pubblica con grande abilità… ma quando si è trovata al centro di una crisi provocata da una sua marachella finanziaria, ha adottato un approccio che ha dimostrato i limiti del suo modello di comunicazione in un contesto di criticità.

  1. Percezione di inaccessibilità: Uno dei principali errori di Ferragni è stato quello di apparire, durante la crisi, inaccessibile e sempre attorniata da lusso e ricchezze: errore di base madornale! A differenza di Boccia, che si è presentata come una persona comune, Ferragni ha mantenuto distanza dal pubblico, restando all’interno di un personaggio che per anni è stato più invidiato che ammirato. Nonostante il bailamme mediatico, anche quest’estate ha continuato a pubblicare foto delle sue vacanze da ricca sfondata da Los Angeles, Grecia, etc… Ciò rafforza la convinzione secondo cui lei sarebbe stata sempre più interessata a proteggere il brand, e che a rispondere in modo chiaro ai milioni di follower non ci ha mai pensato per nulla.
  2. Eccessivo controllo dell’immagine: ha cercato di gestire la crisi con lo stesso approccio con cui gestisce la sua immagine quotidiana: un controllo ossessivo di ogni dettaglio da gente inarrivabile. Tuttavia, in una situazione di crisi, questo approccio è stato letto come eccessivo e poco sincero. Il pubblico si aspettava una reazione più spontanea e onesta, mentre la sua comunicazione è sembrata costruita e artificiale. A parte la figura barbina fatta con Fazio, non ha mai più accettato un’intervista aperta, ha sempre usato video in streaming senza contraddittorio.
  3. Ritardo nella risposta: Un altro errore significativo è stato il ritardo nella risposta alla crisi. La reazione è stata lenta e poco incisiva. Questo ha permesso alle critiche di crescere e di diffondersi senza essere contrastate, amplificando il danno alla sua reputazione. Nel mondo digitale, la velocità di reazione è essenziale per contenere una crisi, e Ferragni non è stata in grado di rispondere in modo tempestivo, lasciando che il problema sfuggisse di mano.
  4. Lacune nell’empatia: non ha mai saputo dimostrare vera empatia verso il suo pubblico e verso le critiche ricevute. In alcune occasioni, la sua risposta è apparsa difensiva e poco disposta ad accogliere le preoccupazioni altrui. Questa mancanza di empatia ha avuto un impatto negativo sulla percezione dei follower, che si sono sentiti alienati e non ascoltati. L’empatia è una componente cruciale nella gestione delle crisi aziendali, soprattutto per personaggi pubblici che basano la loro carriera su una relazione diretta con i follower.
  5. Nessuna collaborazione strategica: non ha saputo creare alleanze strategiche per amplificare la sua comunicazione, Ferragni ha affrontato la crisi quasi in solitudine, senza il supporto di figure influenti che potessero sostenerla pubblicamente. Questo isolamento ha indebolito ulteriormente la sua posizione, facendo percepire la crisi non come un problema aziendale ma esclusivamente legato alla sua figura: errore grossolano, da principianti.

Differenze sociologiche e comunicative

Dal punto di vista sociologico, i due casi mettono in luce dinamiche molto diverse. Maria Rosaria Boccia, con la sua posizione di sconosciuta outsider, ha saputo sfruttare la vulnerabilità come punto di forza, utilizzando le reti digitali per costruire un senso di comunità attorno a sé. La sua gestione della crisi riflette un modello di comunicazione bottom-up, in cui il singolo, pur non avendo potere mediatico iniziale, può utilizzare la tecnologia e l’autenticità per ribaltare la narrativa.

Chiara Ferragni è l’esatto contrario, il modello top-down: da star del web ha cercato di controllare la comunicazione dall’alto, ma fatica a gestire le dinamiche partecipative e orizzontali proprie delle piattaforme digitali. La sua caduta in disgrazia durante la crisi mostra i limiti di un approccio comunicativo basato su un’immagine perfetta e poco incline alla trasparenza.

I due casi evidenziano due approcci diametralmente opposti alla crisi, con esiti altrettanto differenti. Una ne esce rafforzata professionalmente e qualsiasi sarà il risultato dal punto di vista legale con Sangiuliano, lei risulta credibile, affidabile e all’altezza delle situazioni di crisi: da reclutare se ce ne fosse bisogno! L’altra si è mostrata debole, sfuggente e pericolosamente invischiata in situazioni finanziarie mai chiarite del tutto: è stata abbandonata da tutti i maggiori clienti e anche se ha riversato su sorelle e madre alcuni suoi contatti minori, ha inconsapevolmente scritto una pagina fondamentale di Crisis management che rimarrà negli annali di cosa NON bisogna fare in caso di crisi.

 

 

Carlo De Sio

Laureato in Scienze Politiche ed Economiche, con Master in Psicologia sociale e P.R, ha lavorato nella Comunicazione d’impresa e nelle Relazioni Pubbliche per oltre 40 anni. Ha fatto parte dei direttivi di Organismi nazionali quali ACPI-Milano, FERPI-Milano e Confindustria. E’ iscritto all’Ordine dei Giornalisti dal 1999.
Fa parte di un gruppo di specialisti per la revisione di testi generati dall’I.A. e partecipa nel Deep Web a un gruppo di approfondimento che ha come focus notizie e valutazioni sulle crisi politiche in atto.

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