Per gentile concessione dell’autore, proponiamo ai nostri lettori la recensione sul film “C’è ancora domani” di e con Paola Cortellesi, pubblicata sul blog ufficiale di Valerio Caprara il 30 ottobre scorso.
Una pregevole ambientazione in bianco e nero nella Roma del ’46, anzi in una Roma ricalcata con devozione sui capolavori del neorealismo. Ma poi “C’è ancora domani” perde subito il filo dell’omaggio e passa al progetto motivato –dichiarano la neoregista e protagonista Cortellesi e i suoi sceneggiatori- dalla rabbia e la protesta in nome e per conto delle donne vittime del sistema patriarcale sopravvissuto alla caduta del fascismo (e oltre). Detto fatto, Delia si sveglia e il marito Ivano (Mastandrea) al posto del buongiorno le molla una sberla: il figuro è il padre/padrone dei suoi figli, di lei stessa e persino degli spiccioli che guadagna alternando lavori da sarta e iniezioni a domicilio. Nel loro seminterrato (i cani di passaggio fanno la pipì sulle finestre) non manca per il buon peso il suocero allettato Ottorino (Colangeli), atroce maschilista che alla poveretta augura d’”imparà a stà zitta” e ricevere un “fracco de legnate” dal coniuge. In questo contesto da incubo i barlumi di speranza sono costituiti dall’amicizia con la fruttivendola Marisa (Fanelli) e Nino (Marchioni), ex spasimante che lavora in un’autofficina e vorrebbe portarla al nord, dall’incontro con un soldato yankee nero ereditato pari pari da “Paisà” e dalla misteriosa lettera recapitata a sorpresa proprio alla “pezza da piedi” della famiglia. Il doppio binario narrativo, purtroppo, collima poco con la lezione d’alta e complessa umanità tramandata dai maestri neorealisti e neppure con la lettura più moderna, cinica e disincantata realizzata dai big della commedia all’italiana (“Dramma della gelosia”, “C’eravamo tanto amati”, “Una giornata particolare”): se sul versante del dramma, infatti, la “rabbia” di cui sopra induce a tagliare le situazioni con l’accetta, su quello della commedia il sistematico ricorso alle tonalità sopra le righe non di rado stona (come dimostra la sequenza che mischia in un crescendo imbarazzante ballo liberatorio e sordida violenza). Anche le musiche che, grazie all’audace contaminazione tra quelle d’epoca e gli hit contemporanei, potrebbero fornire alla regia uno degli spunti vincenti non sono montate adeguatamente e a volte danno l’impressione d’essere introdotte con tanto di cartelli esplicativi fuori campo. Le lodi alla confezione e al piglio dell’autrice, si sa, non costano niente e in linea generale la Cortellesi le merita: però è l’operazione nel suo insieme che sembra premeditata e programmata a tavolino, puntando dritta, cioè, ai David di Donatello e gli altri premi nazionali allineati e corretti. Soprattutto il finale con il referendum monarchia/repubblica aperto anche alle donne appare incongruo, forzato e ideologico specie a chi ritiene, nel ricordo dello stesso evento messo in scena da Risi in “Una vita difficile”, che non l’esemplarità didascalica, bensì le sfumature facciano al cinema tutta la differenza.
C’È ANCORA DOMANI
Sommario: Roma, 1946. Delia si sveglia e il marito al posto del buongiorno le molla una sberla: il figuro è il padre/padrone dei suoi figli, di lei stessa e persino degli spiccioli che guadagna. Nel loro seminterrato non manca per il buon peso il suocero allettato, atroce maschilista che alla poveretta augura d’”imparà a stà zitta” e ricevere un “fracco de legnate” dal coniuge. In questo contesto da incubo i barlumi di speranza sono costituiti dall’amicizia con una fruttivendola e un ex spasimante che vorrebbe portarla al nord, dall’incontro con un soldato yankee nero e dalla misteriosa lettera recapitata a sorpresa proprio alla “pezza da piedi” della famiglia.
TRAGICOMMEDIA – ITALIA 2023
Un film di Paola Cortellesi. Con Paola Cortellesi, Valerio Mastandrea, Emanuela Fanelli, Vinicio Marchioni, Giorgio Colangeli