È possibile vendere milioni e milioni di libri lungo un arco di più di trenta anni e riuscire a custodire il segreto sullo pseudonimo inventato per firmare i suoi romanzi?
Detta così sembra un’impresa impossibile, soprattutto in tempi dominati dall’invasività dei social, che lasciano poco spazio ai misteri, in genere. E invece l’incredibile primato sopravvive e appartiene ad Elena Ferrante, che è riuscita a resistere per tutti questi anni agli attacchi che le sono stati portati da più fronti. Si sono mobilitati critici letterari, professori universitari, giornalisti. Le hanno provate di tutte, ma ad oggi, nonostante i colpi micidiali inferti, sotto i quali il mistero è spesso sembrato vacillare, Elena Ferrante resta uno pseudonimo.
A questa lunga sequela di “attentati” se ne aggiunge ora un altro, appena realizzato da un giornalista di lunghissimo corso, Lino Zaccaria, che è andato a leggere in contemporanea, intensivamente, tutte le opere della Ferrante e di Domenico Starnone, da sempre in maggiore indiziato di “paternità ferrantiana” e ne ha tratto corposi indizi che finiscono per avvalorare, forse, definitivamente, la congettura che dietro Elena Ferrante si nasconda appunto l’affermato scrittore napoletano-romano.
“Elena Ferrante, chi è costei?”, edito da Graus e con prefazione di Titti Marrone (309 pagine) è in libreria.
Zaccaria non tradisce il suo pedigree di giornalista e questo volume, in fondo, come lui stesso peraltro ammette, è una poderosa inchiesta giornalistica, che prende le mosse da un lungo e articolato riepilogo di tutto quanto finora pubblicato sulla querelle-Ferrante.
Scrive Titti Marrone nella prefazione: “…mentre leggevo immaginavo Lino Zaccaria intento al complesso lavoro di compulsare sia i libri di chi si firma Elena Ferrante che quelli di Domenico Starnone. Me lo figuravo munito di taccuino e penna (alla vecchia maniera) ad annotare, sottolineare, confrontare, mentre nella sua mente, prima che desse il via alla sua investigazione, volteggiavano domande, ipotesi, interrogativi. Gli stessi posti nell’intero mondo letterario, ma anche tra la sterminata schiera dei lettori di Elena Ferrante di fronte al “segreto di Pulcinella” meglio costruito e custodito dell’editoria internazionale”.
Ma che cosa ha scoperto, di nuovo, Zaccaria nell’annotare, sottolineare, confrontare? Lui ha vissuto gli anni giovanili negli stessi luoghi che attraversano le vicende dei libri di Ferrante e di Starnone. Ed ha frequentato lo stesso liceo frequentato da Elena in L’amica geniale e da Starnone. Conosce fatti, luoghi, circostanze. Forte di questo bagaglio di conoscenze, spulciando fra le righe di L’amica geniale, di Via Gemito, di L’amore molesto e di tutte le altre opere dei due, è giunto ad una conclusione: sarebbe anche statisticamente straordinario che Starnone, quanto meno, non abbia messo mano a L’amore molesto e al primo e al quarto libro della saga di L’amica geniale. Troppi i particolari citati dalla Ferrante, e che vengono riportati, che solo Starnone poteva conoscere. E troppi contenuti simili, non solo nello stile, si rinvengono nelle opere comparate. Queste concomitanze e queste affinità sono minuziosamente citate e finiscono per conferire, alla lettura concentrata di questa indagine forte credibilità alla tesi dell’autore: Starnone sì, ma c’è anche il contributo di una “mano femminile” e non esclude che possa essere quello della moglie, Anita Raja. Forte, nel sostenere questa versione, anche dei risultati cui era pervenuto il giornalista Claudio Gatti.
Ma non solo. L’autore, attribuendolo ad una questione di “onestà intellettuale”, ospita un intero capitolo nel quale sono anche citati tutti i passaggi che militano invece, in senso opposto, cioè che escluderebbero la paternità di Starnone. E il lavoro si completa, come in un reportage di vecchio stile, con un viaggio sui “luoghi geniali” (il Rione Luzzatti e il Rione ferrovieri), con una disamina sul valore letterario degli scritti della Ferrante, con una puntigliosa ricerca su tutti gli scrittori e gli artisti in genere che hanno scelto l’anonimato e infine si interroga se è lecito, dal punto di vista tecnico-giuridico e deontologico andare a scavare, come è stato già fatto e come fa lo stesso Zaccaria, nella privacy del fantasma Ferrante e in quella di Starnone e della moglie. Trecentonove pagine tutte da leggere.