È scomparso l’altro giorno a 77 anni Guido Cataldo, sassofonista e compositore salernitano, autore di musical e spettacoli apprezzati da vaste platee italiane. Cataldo era un artista a tutto tondo, maestro di molte generazioni di musicisti. La sua morte lascia un grande vuoto e non soltanto tra gli artisti campani. Pubblichiamo, di seguito, un ricordo di Antonio Valitutti, magistrato, che negli anni giovanili condivise con Guido Cataldo l’amore per la musica e lo spettacolo.
La mia amicizia con Guido Cataldo iniziò in un pomeriggio lontano. Era il 18 febbraio 1970, e non avevo ancora quattordici anni. Raggiunsi la sua casa di via Trento, con la mia chitarra Crucianelli ed una voglia pazza di imparare a suonare. Quel ragazzo di ventiquattro anni, dai lunghi e folti capelli neri, alto, bellissimo e gentile, mi venne incontro sorridendo. Abbandonò il libro di glottologia che era intento a studiare, per dedicarsi al suo nuovo allievo. E mi spalancò le porte di un mondo meraviglioso, quello della musica, dal quale non sarei mai più uscito. Sono passati più di cinquant’anni da quel magico pomeriggio, rimasto intatto nella memoria. Quei due ragazzi crebbero. Io mi laureai e divenni magistrato, ma con la musica nel cuore. E alla chitarra affiancai, diversi anni dopo, il sassofono, Maestro sempre lui, Guido, che il sax faceva parlare. Poi creai un quartetto con mio figlio, anche lui allievo di Guido e del suo amico di sempre Marcello Ferrante. Guido si laureò all Orientale, divenne insegnante e grande musicista, poi compositore, scrittore e direttore di orchestra. Con l’opera Evangelio, rappresentata davanti al Papa, musicò la vita di Gesù, scrisse opere teatrali, suonò con gli Astrali, il gruppo che aveva fondato, in tutti i locali delle due costiere della nostra Salerno, e con Peppino di Capri e altri grandi anche fuori provincia. Poi l’America, il jazz, il pop, le grandi esperienze a contatto con il gotha della musica mondiale, ma sempre con lo sguardo ed il cuore alla sua terra e alla sua Salerno, che non ha mai voluto abbandonare e per la quale nutriva un amore sincero e profondo. Ma non sempre fu compreso nella sua città. Ebbe delusioni, e conobbe ingiustizie e porte chiuse, ma non si arrese mai, non si rassegnò mai. La crescita culturale e artistica di Salerno era per lui un obiettivo irrinunciabile. La nostra amicizia, nata in quel pomeriggio lontano, divenuti uomini, si rinsaldò e si nutrì di cultura, musica, arte. Alla Polymusic, che aveva fondato con Marcello, parlavamo di tutto, dei figli, delle nostre madri, che erano amiche tra loro, dei nostri amori, delle nostre esperienze di vita. Lui sempre ottimista, inesauribile, infaticabile, innamorato della sua Diana, cantante dalla voce calda e armoniosa, padre affettuoso e presente per le cinque figlie. Una malattia grave, affrontata con coraggio e dignità lo aveva indebolito, ma non fiaccato nello spirito. Ed aveva scritto un nuovo libro sul regime sanitatis della Scuola Medica Salernitana, che aveva presentato con la presenza di tanti amici, ed in particolare con un altro amico di una vita, Gaetano Stella. Sembrava stesse bene. Avevo sperato in una guarigione totale. Ma inesorabile, dopo cinquantaquattro anni da quel pomeriggio lontano, quel messaggio terribile di una comune amica: “Guido ci ha lasciati”. Da quel momento l’onda dei ricordi mi ha investito e travolto, mi sono sentito smarrito, affranto, incredulo, ed ho iniziato il mio silenzioso amarcord con l’amico scomparso, ricordando tappe, episodi, avvenimenti, della nostra amicizia. E mi sono reso conto che aveva voluto lasciarmi il suo testamento spirituale, qualche giorno fa. Mi aveva inviato su whatsapp un disegno che raffigura un ragazzino che imbocca un sassofono, con una scritta che dice: “there was once upon a time a boy who really loved sax. It was me. The end”. La fine…. si la fine, ma solo del tuo sogno terreno Guido, pienamente realizzato, ma non del tuo ricordo che sarà per sempre. Le tue opere e la tua musica non si spegneranno. Mai. E ci ritroveremo ancora amico mio, come in quel pomeriggio di tanti anni fa, ma per non salutarci mai più. Addio Guido, ma nel senso più profondo del termine: ad Deum. Mi mancherai.