Pioveva. Non uscivamo quasi mai. I giornali parlavano di sabotaggi, di attentati, di misure restrittive. Hélène aveva cancellato le sue lezioni, e tutti e quattro vivevamo come al rallentatore in quelle stanze immense in cui la luce entrava soltanto da un lato, cosicché avevamo sempre un profilo in ombra e l’altro illuminato. All’insaputa delle due sorelle, braccavo senza sosta Julia. Ero come una mano aperta che avanza, lenta e rassicurante, verso una mosca, e lei, come una mosca, si allontanava proprio quando stavo per chiudere le dita. In quell’appartamento che si prestava benissimo alla dissimulazione, era in atto una sfida garbata, cordiale, dalla quale io in quanto uomo uscivo sempre sconfitto. Julia trovava ogni volta un pretesto che le permetteva di raggiungere Agnès o Hélène: la camera da rassettare, i piatti da lavare, un vestito da stirare, e mi sfuggiva, con un compìto: “Torno subito!”. Boileau-Narcejac, Le lupe, Adelphi, pag. 179. Traduzione di Lorenza Di Lella e Francesca Scala.
Noir o romanzo? Difficile stabilirlo – ma avrebbe ancora senso? – quando si ha a che fare con autori come Pierre Boileau (1906-1989) e Thomas Narcejac (1908-1998), i quali in coppia sono una potenza straordinaria, un abbinamento diabolico se non una singolarità felice di scrittura, autorevolezza, maestria, valore. I loro meccanismi narrativi, le loro trame intricate fino al parossismo sono qualcosa di prodigioso, d’incomparabile; a dimostrazione di quanto bisogna essere profondi conoscitori dello strumento umano, le cui maschere, apparenze o simulazioni loro riescono a tendere come corde per trarne suoni d’irreprensibile purezza e perversione: l’uomo nella sua più ossessiva, morbosa, maniaca predisposizione alla sopraffazione, al profitto come alla redenzione, o all’espiazione di colpe. Il libro è stato pubblicato la prima volta nel 1955 in Francia. Di lì a pochi anni fu portato anche sul grande schermo da Luis Saslawsky. La storia è questa. Lione 1941. Fuori la guerra, l’occupazione, il coprifuoco, il razionamento. Dentro, un appartamento immenso e immerso in un tempo di rara perizia e disposizione, uno spazio claustrofobico tale da essere non troppo asfissiante, e un uomo e tre donne in una dimensione sospesa, dove si capisce il ruolo di ognuno solo se si accetta che sia solo un gioco di posizione. Un gioco di strategia, dove ogni mossa è imprevedibile quanto forzata. Non solo, ed è qui, la genialità dei due narratori, ognuno dei personaggi ha sì un ruolo, ma lo interpreta in maniera difforme, nel senso che ognuno può essere nel suo scopo l’altro. L’uomo, un tale Gervais ha preso il posto del suo amico morto Bernard. Entrambi prigionieri per anni diventano amici inseparabili. Bernard decide di fuggire e non può non portarsi dietro l’amico Gervais. Bernard deve raggiungere Hélène con la quale si scrive da qualche tempo, ma un incidente ferma Bernard il quale prima di esalare l’ultimo respiro obbliga l’amico a occupare il suo posto e rifarsi una vita con Hélène. Gervais non vorrebbe, perché bramerebbe liberarsi dall’influenza che Bernard esercita su di lui, ma non ha altra soluzione se vuole salvarsi. È comunque un evaso e non saprebbe dove nascondersi. Così Gervais si presenta come Bernard a casa di Hélène, la quale vive con Agnès, sua sorella più piccola e più attraente. Ne nasce un intricante rapporto a tre, poiché Gervais seduce immediatamente Agnès. Gervais, malgrado qualche scrupolo, timore, ansia, è convinto di avercela fatta spacciandosi per l’amico Bernard. Hélène e sua sorella lo avevano accolto bene e con assoluta fiducia, e lui si era lasciato avvincere da quelle donne con estrema facilità. Ma era lui che le aveva sedotte o erano loro ad averlo avvolto in una ragnatela inestricabile e senza possibilità di uscirne? Quando arriverà Julia, la sorella di Bernard, il gioco si farà durissimo. Dapprima Julia fingerà di riconoscere Gervais come Bernard, spiazzando inesorabilmente Gervais, in seguito Julia svelerà a Gervais il suo obiettivo e si accorderanno su come agire, ma non faranno in tempo a mettere in atto il piano. Pare che ci sia in gioco una grossa eredità. A poco a poco, tra ambiguità e sotterfugi, sottintesi e secondi fini (tutti amaramente o deliziosamente perversi e malvagi), assisteremo a una vertiginosa partita di scacchi, dove ogni mossa è assolutamente inaspettata, così come ogni frase, ogni sorriso, ogni malia è assolutamente minacciosa e mortale. Partecipiamo non a un susseguirsi di colpi di scena ma a continui cambi di direzione repentini quanto meditati e perfidi. Ne nasce una scrittura altrettanto infedele e densa. Una stesura condensata di un’inquietudine, di una trepidazione, di un’impazienza così sottile che non lascia scampo a una tensione che sale lentamente lasciandoci nel dubbio atroce di non sapere se arrivare alla fine del libro velocemente oppure di centellinare la lettura per esasperare il piacere di una narrazione che si desidera duri più a lungo possibile. Ciò non fa altro che provare l’estrema attitudine della coppia Boileau-Narcejac a una sensibilità eccelsa che fa sì che nell’intrigo delle vicende e dei desideri e delle volontà si mostri sia il volume umano delle necessità e degli inganni sia il mestiere dell’arte, della scrittura, del romanzo, o del noir, o di qualunque cosa sia questo libro. Opera che si attua in una finzione, in una forma che non ci lascia nessuna tregua fino alla fine, quando si sveleranno i misfatti e l’armonia sembrerà regnare di nuovo. È così il colpo di scena estremo non sarà altro che un nuovo avvio, un chiudere gli occhi su ciò che non sarà più un mistero. Un libro crudelissimo e splendido. Una perfetta calligrafia dell’inganno. Un romanzo che a distanza di anni non ha perso il suo fascino. Uno di quei libri, in breve, che bisogna assolutamente leggere. “E il tempo stringe, stringe…”.
Boileau-Narcejac, Le lupe, Adelphi, pag. 179
Apparso in Francia nel 1955 in Francia, Le lupe fu portato sul grande schermo due anni dopo da Luis Saslawsky con tre formidabili attrici: Jean Moreau, Micheline Presle e Madelaine Robinson. Di Pierre Boileau (1906-1989) e Thomas Narcejac (1908-1998) Adelphi ha pubblicato quattro romanzi, l’ultimo, I volti dell’ombra, nel 2023