Beetlejuice Beetlejuice, nuovo irresistibile film di Burton

Opera trascinante, satirica, una storia avvincente sul diventare adulti: a volte ci si scontra con la propria famiglia animati dalla ferrea convinzione di saperne di più e di non voler ripetere gli stessi errori. Uscire nel mondo comporta però di correre rischi non calcolati

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Nel 1988 usciva nelle sale Beetlejuice, Spiritello porcello. Dopo averlo presentato fuori concorso alla mostra d’arte cinematografica di Venezia, a settembre Tim Burton è tornato al cinema con il sequel del film che è stato annoverato tra le migliori 100 commedie statunitensi di sempre. Beetlejuice Beetlejuice vede ancora una volta protagonisti Michael Keaton (nei panni del vivace spiritello), Wynona Rider (la sensitiva Lydia Deetz) e Catherine O’Hara (l’artista Delia Deetz, madre di Lydia).

Nel cast anche la giovanissima Jenna Ortega – che è diventata nota al pubblico soprattutto per la brillante, nonché peculiare, interpretazione nella serie Netflix Mercoledì (2002), incentrata sull’omonimo personaggio della Famiglia Addams e diretta e prodotta anche dallo stesso Burton. Un ruolo che è valso a Ortega diversi riconoscimenti; in Beetlejuice, l’attrice veste ancora una volta i panni dell’adolescente ribelle, Astrid. Trovano spazio nella nuova pellicola anche Monica Bellucci e Willem Dafoe, la prima quale affascinante – e altrettanto pericolosa – moglie di Beetlejuice in una vita lontana, disposta a tutto per riconquistare l’amato; il secondo, poliziotto dell’aldilà incaricato di ripristinare l’ordine immancabilmente violato.

La storia si apre con la morte di Charles Deetz, sopraggiunta inaspettatamente in seguito all’attacco di uno squalo durante una delle sue esplorazioni. La tragedia interrompe le attività della moglie Delia, dedita all’arte contemporanea, e della figlia Lydia, cara al pubblico televisivo per le sue doti comunicative paranormali, le quali tornano alla Ghost House nel villaggio di Winter River per seppellire Charles. Il binomio morte-vita attraversa anche stavolta la trama del film: emblematico in tal senso il personaggio di Lydia (impeccabilmente interpretato da Wynona Rider, che conferisce al personaggio la perfetta combinazione di coraggio e insicurezza), i cui poteri speciali sono oggetto di discussione con la figlia Astrid. La giovane, che ha perso da poco il padre, non riesce a perdonarle l’incapacità di comunicare con quest’ultimo, né tantomeno la volontà di sposare di Rory, suo agente televisivo (che, si scoprirà poi, aspira soltanto al denaro della donna).

Superati i problemi di convivenza tra vivi e fantasmi, stavolta la trama ruota attorno alle difficoltà del confronto generazionale. A Winter River, Astrid incontrerà Jeremy, un nuovo, giovane amico, in realtà un fantasma, in vita efferato assassino, pronto a scambiare la vita di lei con la sua nella notte di Halloween. Sarà l’intervento della madre a salvarla, dopo aver liberato Beetlejuice dalla soffitta nella Ghost House per chiedere il suo aiuto. Lo spiritello è al solito coinvolto in una serie di peripezie: egli deve infatti sfuggire alle pretese di Delores (Monica Bellucci), sua sposa in un tempo remoto, e per farlo chiederà a Lydia di convolare a nozze con lui. Quando Astrid – che riuscirà a parlare con il padre Richard durante la sua permanenza nell’aldilà – sarà finalmente ricondotta tra i vivi, e Jeremy spedito all’Inferno, più di un matrimonio salterà in aria: neutralizzati Delores e Rory, Beetlejuice non potrà avanzare pretese su Lydia e sarà costretto a tornare a casa. Madre e figlia guarderanno finalmente al futuro insieme.

A tratti caotico, mai noioso, il film segue un ritmo acceso, complice una brillante fotografia; come dimenticare poi le immancabili note di Banana Boat Song? Alla fine, tutto (o quasi) torna al suo posto, sebbene i sogni premonitori di Lydia salutino lo spettatore con un pizzico di inquietudine. Astrid troverà la sua strada? Beetlejuice Beetlejuice è irresistibile, satirico, ma è soprattutto una storia sul diventare adulti: a volte ci si scontra con la propria famiglia animati dalla ferrea convinzione di saperne di più e di non voler ripetere gli stessi errori. Uscire nel mondo comporta però di correre rischi non calcolati. Ecco che tutto quel che sembrava facile, all’improvviso non lo è più e, forse, si cresce davvero nel momento esatto in cui questa consapevolezza ci attraversa per la prima volta.

 

 

Annateresa Mirabella

Nata nel 1996, è laureata in Semiotica e in Filologia Moderna. Attualmente frequenta il master in Critica Giornalistica presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico

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