Da qualche giorno gira sui social una lettera indirizzata a Papa Bergoglio dal Dott. Vincenzo Minuto, Medico Veterinario di Napoli, in risposta alle dichiarazioni del Pontefice a proposito degli animali. Sono infatti note le critiche del Papa, più volte ribadite, nei confronti di chi li ama troppo, quali surrogati dell’amore che bisognerebbe invece riservare ai bambini. L’ultimo episodio risale al suo intervento durante gli Stati Generali dell Natalità: a una signora che gli aveva chiesto di benedire il suo cagnolino, da lei amato come un figlio, il Pontefice ha opposto un deciso no.
Non si tratta di una novità. Nell’agosto dello scorso anno, a proposito dell’”inverno demografico” dell’Europa – che attraversa ormai la quinta fase della transizione demografica, con un numero annuale di morti superiori a quello dei nati – il Papa aveva detto che le famiglie invece dei figli preferivano “avere cani e gatti”, giacché si tratta di un “affetto programmato, un affetto senza problemi”.
Eppure i dati dicono cose diverse. Come rivela il Rapporto Eurispes dello scorso anno, le coppie che vivono con animali da compagnia sono soprattutto quelle con figli (37,8%) seguite dalle famiglie di monogenitori con figli (36,5%). Lo ha ricordato l’Ente Nazionale Protezione Animali (ENPA) nel replicare alle considerazioni di Bergoglio, sottolineando che non esiste, appunto, alcuna competizione fra i figli e gli animali domestici, anzi. E in effetti solo chi possiede un animale può comprendere il significato di un affetto che non sostituisce ma potenzia, piuttosto, la capacità di amore e accudimento nei confronti dei più deboli e fragili. I figli crescono negli anni, diventano adulti; gli animali restano bambini per sempre, richiedono anzi un surplus di cure e attenzioni, andando avanti con l’età. Non a caso chi non è capace di amarli li abbandona, come tristemente sanno coloro che se ne prendono cura, quando riescono a salvarli da una morte certa.
Il Dottor Minuto ricorda perciò al Papa che gli animali non sono altro che una grande, immensa palestra d’amore. Lo declama il Cantico delle creature di San Francesco d’Assisi, ma anche la celebre terzina dantesca de “La gloria di colui che tutto move / per l’universo penetra, e risplende / in una parte più e meno altrove”. E se il poverello di Assisi ha chiamato fratelli tutte le creature, l’attributo della fratellanza, dalla santità alla laicità, non cambia per chi avverte il soffio lungo della vita, in tutte le sue espressioni. Lo aveva ben chiaro un genio musicale come Lucio Dalla, che lo esprime chiaramente in una sua bellissima canzone contro la guerra (Henna): “Va bene, io credo nell’amore / L’amore che si muove dal cuore / Che ti esce dalle mani / E che cammina sotto i tuoi piedi / L’amore misterioso anche dei cani / E degli altri fratelli animali / Delle piante che sembra che ti sorridono / Anche quando ti chini per portarle via / L’amore silenzioso dei pesci / Che ci aspettano nel mare / L’amore di chi ci ama e non ci vuol lasciare” …
Henna, la celebre canzone di Lucio Dalla scritta durante la guerra nei Balcani degli anni Novanta
Un insegnamento, quest’ultimo, che diventa ancora più prezioso nel clima di violenza e indifferenza che spesso chiude il cuore delle persone, soprattutto dei più giovani, nei confronti degli altri, spingendoli a esibire un’atroce crudeltà come forma di potere esercitata sui più deboli e fragili.