«I media non sono semplici strumenti, ma il mondo che abitiamo». È questo il presupposto – e non potrebbe essere altrimenti! – alla base delle riflessioni dei sociologi dei media che hanno animato il dibattito su “Comunicazione e Società nel XXI secolo” tra le mura storiche dell’Aula Magna del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Uno spazio di trepidante dialogo e confronto tra studiosi che, ognuno attraverso la propria dimensione di ricerca, si interrogano su quelle trasformazioni che attraversano e scuotono incessantemente la società contemporanea e che non possono non avere a che fare con i media.
I media come mondi, dunque. Come dimensione di riflessione, ma anche d’azione, come punto di incontro tra generazioni e idee che si intrecciano e, inevitabilmente, risultano necessarie le une alle altre.
In occasione dell’inaugurazione dei corsi di Sociologia dei media e Sociologia della comunicazione e Storia dei media del professore Sergio Brancato, la giornata di studio è stata l’occasione per presentare alcuni libri pubblicati recentemente. “Storia e Teoria della serialità” (Meltemi) di cui sono stati presentati i primi due volumi: il primo (2023), a cura di Giovanni Ragone e Fabio Tarzia, va “Da Omero alla Gangster Story”, mentre il secondo (2024), a cura di Sergio Brancato, Stefano Cristante ed Emiliano Ilardi, attraversa “Il Novecento: dalle narrazioni di massa alla svolta digitale”. Il terzo volume, in prossima uscita, sarà invece curato da Giovanni Boccia Artieri e Giovanni Fiorentino e indagherà la dimensione seriale nei miti di oggi: dalla fiction e la pubblicità alla musica e ai linguaggi artistici fino all’architettura, alla moda e al design. Il terzo libro presentato, invece, è quello scritto da Davide Bennato e si intitola “La società del XXI secolo. Persone, dati, tecnologie” (Laterza, 2024) – “le tre cose che conosco meglio!” – ha spiegato, scherzando, l’autore.
In un prezioso ed entusiastico dialogo con gli autori, si sono susseguite le riflessioni di Olimpia Affuso dell’Università della Calabria, Francesco Pinto dell’Università di Napoli Suor Orsola Benincasa, Gabriele Frasca dell’Università degli Studi di Salerno, Michele Mezza dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, Marta Perrotta dell’Università Roma Tre e Mario Pireddu dell’Università di Viterbo “La Tuscia”.
«Che cos’è la serialità?» a dare il via alla discussione è stato questo interrogativo. Domanda fondamentale, soprattutto in questi anni e soprattutto alla presentazione di un libro che si pone come obiettivo quello di restituire uno sguardo dinamico, complesso e totale sulla serialità. “Gli obiettivi alla base di questi tre volumi – ha spiegato Giovanni Ragone, sociologo dei processi culturali e comunicativi e curatore del primo volume – sono sostanzialmente tre: ribaltare l’idea comune di serialità, valorizzare la mediologia italiana e riscoprire la dimensione del passato per capire i processi del presente” e, si potrebbe aggiungere, del futuro. Sì, perché, se è vero che il fine della sociologia è quello di fornire una fotografia del presente, è anche vero che nel ribollire dell’attuale processo creativo in atto esiste ed è potente una spinta verso le dinamiche e le traiettorie future della narrazione seriale così strettamente legata al mondo digitale e alle nuove generazioni. Proprio ai giovani – e soprattutto ai giovanissimi – fa riferimento Francesco Pinto che da anni lavora all’interno di quell’affascinante ed enorme processo creativo e produttivo che è la Rai. Il fenomeno “Mare Fuori”, l’Ottocento come secolo in cui emerge la necessità del riportare, nell’ambito delle narrazioni, tutto in equilibrio soprattutto con la nascita del romanzo giallo, l’importanza della fruizione visuale a discapito della parola: Pinto ha fatto luce su quello stravolgimento attualmente in atto nel mondo della serialità che ha fatto sì che le nuove generazioni “trascinassero” le vecchie nella scelta di visione dei contenuti. E poi una sentita quanto necessaria riflessione di Olimpia Affuso, studiosa di memories studies, sulla “retromania”, tendenza sempre più presente nelle serie contemporanee, e sull’importanza del concetto di tempo all’interno delle narrazioni. E, dunque, proprio la serialità rappresenta uno dei processi essenziali di quella società del XXI secolo che Davide Bennato ha voluto descrivere nel suo non-manuale. “Non un manuale, ma una raccolta di idee sui media” – così lo ha descritto Stefano Cristante, sociologo della comunicazione, dove il termine idee rappresenta tutt’altro che qualcosa di astratto, ma piuttosto la concretezza di quel “persone, dati, tecnologie” del sottotitolo che prendono corpo e rappresentano l’essenza stessa del libro. “Grazie a tutti i miei discussant che nel raccontare il libro che ho scritto mi accorgo che hanno compreso e centrato in pieno il suo senso più profondo” – ha esordito l’autore. Rientrano in un tale discorso anche i podcast interpretati e discussi come “apparato socio-tecnico”, la grammatica audiovisiva che muta nel giro di due settimane – come sottolinea con sguardo lucido da giornalista Michele Mezza – e tutte quelle fratture che nella società vengono individuate e affrontate (anche) grazie al lavoro di Bennato. Tutto confluisce, e lo fa inevitabilmente, all’interno di quella dimensione così necessaria che definiamo “immaginario” e che Gabriele Frasca, studioso di Letterature e Media comparati, ha definito, in uno slancio di suggestione e genialità, “una sfoglia di cipolla”.