Francesco Mastriani, La festa di Piedigrotta e altre storie, Napoli, Langella Edizioni, 2023.
Pietro Treccagnoli, Il napoletano che fondò Odessa e altre storie, Langella Edizioni, 2023.
Due scarafaggi nella vetrina di una libreria di Port’Alba, a Napoli. Letta così la cosa, farebbe pensare a uno dei tanti articoli sulla “munnezza” o la sporcizia accumulata per le strade e nei vicoli della città di Partenope. Qualche lettore ‘forte’ potrebbe, invece, vederci un titolo ad effetto per presentare due nuove edizioni del celebre racconto di Kafka. Fuocherello: perché di libri si tratta. Non La metamorfosi dell’autore praghese ma i primi due volumetti di una nuova serie che l’editore Pasquale Langella – di base proprio nella celebre via dei librai con la sua libreria e le sue bancarelle – ha aggiunto alle sue collane di ‘carta’; omaggiando col nome dialettale dell’insetto (o’scarrafone) un altro autore iconico della cultura napoletana: il cantautore Pino Daniele (e la sua celebre canzone O’scarrafone). L’apertura tocca a Francesco Mastriani, il titolo è di quelli col ‘botto’: La festa di Piedigrotta e altre storie. Tre testi – quello che dà il nome al libro, Napoli dopo mezzanotte e La capèra – raccolti in una piccola (poco più grande del palmo di una mano) ed elegante edizione illustrata a colori, presi da Usi e costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti (opera in due volumi diretta da Francesco de Bourchard e pubblicata, sempre a Napoli, tra il 1853 3 il 1858). “La storia di un popolo come il napolitano e la storia dei suoi piaceri, delle sue feste e de’ suoi rumori; non vi ha giorno dell’anno, in cui esso non abbia occasione di abbandonarsi a quella naturale gaiezza, a quella spensierata giovialità che forma il fondo del suo carattere: egli riveste co’ colori della sua vivace immaginazione i suoi passatempi più consueti e tanto li abbellisce, li anima, che questi divengono straordinari e sempre nuovi”.
La celebrazione della festività dell’8 settembre – il giorno del “Nascimento” della “Beatissima Vergine” – diventa così l’ennesima occasione per mettere in scena una festa “civile, militare e religiosa” unica al mondo; la più “memorabile delle feste Napolitane”. Tutto si trasforma in gioia e divertimento: accanto al Santuario di Piedigrotta s’affollano le bettole, i clienti s’accalcano nelle “botteghe da caffè”, per strada si balla allegramente la tarantella. E non succede perciò a caso che “se i forestieri dicono veder Napoli e poi morire, i Napolitani dal canto loro dicono veder la festa di Piedigrotta e poi morire”.
Il napoletano che fondò Odessa e altre storie è il titolo del secondo “scarrafone”. L’autore è l’“arcinapoletano” (come lui stesso s’è definito) Pietro Treccagnoli, giornalista e narratore in prosa (di romanzi o di testi divulgativi d’argomento rigorosamente napoletano). Come per il primo volumetto, anche in questo caso ci troviamo di fronte a testi già editi: si tratta di ‘pezzi’ giornalistici apparsi sulle pagine del “Corriere del Mezzogiorno” ma che qui trovano una felice sintesi nel nuovo ‘montaggio’ in forma di breve raccolta antologica. Quattro gli articoli di giornale – Il napoletano che fondò Odessa, L’Orca delle meraviglie, La notte della luna, Le sìsole – che si leggono nella nuova veste editoriale. Napoli, in queste storie, non è protagonista ma scenario – o setting, come si dice oggi – delle vicende raccontate e, al contempo, pretesto occasionale per dar voce all’io narrante di Treccagnoli: succede nel ricordo di un viaggio – altra grande passione del giornalista – fatto a Odessa, la Napoli del Mar Nero fondata da un ammiraglio napoletano con nome spagnolo, José de Ribas. Succede per le due narrazioni, più intime, che rimandano alle memorie del giorno dell’“allunaggio” e alle cicatrici, le “sìsole”, lasciate dall’inoculazione di un vaccino. Succede, infine, con la lettura di un libro – Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo – che inevitabilmente ti segna la vita e che, altrettanto inevitabilmente, lascia in te per sempre il “brivido delle parole esatte”: “Quando la neve metafisica mi attanaglia, torno a ‘Ndrja, all’Ulisse sconfitto, al grido di Masino, fratello suo di latte che l’accoglie tra le braccia quando è colpito alla fronte, sente il sangue tra le dita, gli tasta gli occhi con le mani insanguinate e spinge la lancia a solcare l’acqua nera della notte per portarlo ai due mari. È questo il suo unico pensiero barbaro e pietoso. Ancora adesso, dopo tanti anni, quasi cinquant’anni, sento un brivido, il brivido delle parole esatte”.