Tra i giovani (e non solo), che mi privilegio di ascoltare, circola sempre più spesso, ora che si approssima il Natale, la parola grinch. Come una moda.
Ma chi è il grinch? È una creatura immaginaria nata dalla penna dello scrittore e fumettista tedesco Theodor Seuss Geisel. Verde, pelosa, a forma di pera panciuta, pupille rosse e bulbi oculari gialli, viso da gatto. Una figura cinica e solitaria, spesso arrabbiata, che odia il Natale e cerca di rovinarlo agli abitanti di una cittadina detta Whoville. La fama mondiale di questa creatura è dovuta al film Il grinch, dove essa è magistralmente interpretata dall’attore Jim Carrey.
Dire sei grinch a una persona, equivale a dirgli sei scortese, scontroso, non si capisce mai quello che vuoi. La società è piena di queste persone fastidiose, che col loro perenne malumore c’è il rischio che deprimano anche gli altri.
Ma indagando scopro una cosa seria: che esiste anche una Sindrome del Grinch, da cui sono affetti più della metà degli italiani, una percentuale davvero notevole.
Si tratta di persone a volte solitarie, che detestano in toto il frastuono delle feste di Natale. Fosse per loro, cancellerebbero i giorni compresi tra l’Immacolata e l’Epifania, approdando direttamente al sette gennaio, senza che i loro palati ospitino panettoni e leccornie natalizie, le loro orecchie i cori, gli occhi le luminarie spreca-soldi pubblici. Vedere poi attorno a sé gente entusiasta ed eccitata, provoca la stessa irritazione di un acido. Si vorrebbe che tutti sparissero, in primis i parenti serpenti, molti dei quali arrivano da altri paesi per invadere casa, e con cui si è costretti a stare a tavola insieme per interminabili estenuanti pranzi e cenoni. Il Natale dai Grinch viene visto come una classica festa del consumismo e dell’ipocrisia, imbottita di valori materiali come un grasso tacchino ripieno.
Ma come sono fatti i grinch e soprattutto cosa li spinge a detestare le feste natalizie e i loro entusiasti amatori?
Il Grinch generico è una persona che non ha motivazioni precise, se non quella di aborrire tutto ciò che comporti rumore e confusione, dove il traffico si paralizza, i prezzi si alzano, impazzano i mercatini di Natale. Si tratta di tipi o tipe malinconici, a volte depressi, che ricavano turbamento, ansia e e frustrazione dal vedere intorno gioia e allegria percepiti come collettivi. E poi persone che si fanno regali, amici che s’incontrano, molti che festeggiano concedendosi un nuovo viaggio. Fastidioso anche che per accogliere i festeggiamenti natalizi, ci sia in ufficio più lavoro da fare, sistemare, per rientrare nelle scadenze e/o dover progettare per il nuovo anno.
Ci sono poi tra i Grinch persone affette dalla cosiddetta Sindrome della sedia vuota, cioè persone che hanno perso un loro congiunto e da allora non sopportano festeggiamenti, perché ritengono che non ci sia più niente da festeggiare, tanto niente sarà mai più come prima. Vivono con disagio le festività e certo non si sentono allineati con la felicità degli altri.
A volte questa sorta di allergia al Natale dipende dal fatto di vivere in circostanze sfavorevoli, per essere ammalati o avere malati in famiglia, o figli lontani, o difficoltà economiche. O anche da qualcosa di brutto capitato in passato proprio durante il periodo natalizio.
Si vive un turbamento a volte identificato, a volte sommerso, che però si riflette notevolmente sul tono dell’umore. A soffrirne sono di più gli adulti, in particolare gli anziani, in quanto categoria più fragile, ma non ne sono immuni alcune tipologie di giovani, che in questi giorni festivi oltre che tendere alla tristezza e malinconia, sono facili all’isolamento e ai sentimenti di rabbia. Insopportabili la folla, lo shopping, gli addobbi, l’albero, la corsa ai regali e tutti quegli abbracci.
Ma questo odiare il Natale dei Grinch, questa sindrome depressiva stagionale, si può alcune volte considerarla una patologia psichiatrica?
Sembrerebbe di no, tranne che per casi isolati in cui si parte già con disturbi della personalità, che peggiorano in questi giorni portando con sé note di scontrosità rancore e aggressività verso gli altri. Nella maggior parte dei casi, invece, la sindrome del Grinch si consuma attraversando le festività e si esaurisce nel giorni successivi, quando il Grinch ritorna alla rassicurante routine di sempre.
Quello che c’è da fare, secondo gli psicologi, è lasciar perdere i grinch che vogliono a tutti i costi convincerci ad abbandonare le delizie del Natale e viceversa stare vicini ai grinch più tristi e indifesi, quelli più bisognosi d’affetto, che in fondo è quello che gli manca.
Dette queste cose, provo a farmi una domanda: giusto menzionare solo queste due categorie di persone, da un lato quella che ama il Natale, e dall’altro quella dei Grinch che lo detesta? Sicuro che non ce ne siano altre? Io ne ravviso una terza, quella che sempre incontro nella vita di tutti i giorni, e mi appare la più triste: la fascia degli inconsapevoli indifferenti. Quelli che se amano il Natale o no non lo sanno nemmeno, e dal Natale com’è consuetudine, si lasciano vivere, perché il Natale bisogna farlo, e bisogna farlo come lo fanno tutti. Io direi invece che è giusto farlo come piace a noi, ma solo dopo esserci fermati a leggersi dentro. Il nostro modo di vivere il Natale può darci gioia o infelicità, ha ricadute sui nostri affetti e influenza la vita dei figli, soprattutto durante l’infanzia. Val la pena capire bene cosa rappresenti per noi.