In teatro, uno degli aspetti che più mi interessano sono gli attori e il loro modo di stare in scena. Proverò, in questo piccolo contributo, a sviluppare una piccola riflessione sulla tradizione attorica salernitana. Innanzitutto, bisogna dire che la tradizione cittadina è stata sostanzialmente una tradizione filodrammatica che ha dato scarsi esiti e un trascinamento solo parziale verso un relativo professionismo. Comunque, anche nella sua versione amatoriale, è possibile cogliere differenze d’approccio e stili. Una prima opzione, molto egemonica, è da ricondurre ad uno ossessivo e pedante approccio alla recitazione di voce; un’opzione considerata alta, accademica, del vero teatro, rappresentativo della grande scuola dei fini dicitori e della fedeltà assoluta alla signoria del testo da dire più che da interpretare. In questo filone, idealista, ad essere assente spesso è stato il corpo, considerato quasi inopportuno e incapace di rappresentare la purezza del teatro. La seconda opzione, invece, per dichiarato disinteresse nei confronti del teatro borghese classico, ha declinato in modo ancora più spinto la felice sgrammaticatura dei teatranti d’origine farsaiola con esiti spesso anche buoni. In realtà, i seguaci di questo secondo filone, fortemente in debito verso quei modelli attorici della grande tradizione partenopea del varietà e del teatro leggero, hanno avuto una relativa popolarità imponendo di fatto, anche nei riguardi del pubblico, un apprezzamento di certe rappresentazioni rispetto ad altre. Qui, il corpo, pur con dei vistosi limiti tecnici, è stato molto più usato. Tra queste due opzioni, in questi ultimi anni, è venuta ad affermarsi una terza via. Giovani sempre più attenti alle pedagogie attoriche e al teatro contemporaneo hanno saputo prendere le distanze dai precedenti modelli e hanno cominciato con maggiore consapevolezza a muoversi più efficacemente cercando di realizzare anche in città un nuovo approccio al lavoro dell’attore. Più attenti alla scena e al corpo, alla voce e al testo da rappresentare, hanno saputo creare interesse per una più consapevole professionalità facendosi apprezzare anche fuori dalle mura cittadine. Dall’insoddisfazione per i modelli precedenti è nata in loro la volontà e il desiderio di cambiare rotta. Ci sono riusciti? Mi sembra di poter affermare che seppur faticosamente, un qualche primo risultato sia stato raggiunto.
Insoddisfatto del passato, l’attore cambia rotta
Da un pedante approccio alla recitazione di voce alla felice sgrammaticatura dei teatranti d’origine farsaiola, ora gli attori salernitani cominciano a imboccare una terza via e mostrano una più consapevole professionalità, facendosi apprezzare anche fuori dalle mura cittadine
Tempo di lettura 1 minuto
Pasquale De Cristofaro
Regista e pedagogo teatrale, ha diretto le rassegne, Teatro della Notte e Corponovecento. Ha insegnato in qualità di docente a contratto presso Università e Conservatori, attualmente insegna Storia del Teatro nell’indirizzo di Sperimentazione Teatro del Liceo Artistico di Salerno ed è coordinatore didattico di una scuola di alta formazione teatrale nelle Marche. Ha diretto molti spettacoli nei maggiori teatri italiani e pubblicato vari libri sul teatro del novecento.