Il 10 gennaio 2023 il mondo della musica si veste di lutto. Improvvisamente viene a mancare un’icona della chitarra elettrica, del rock, dell’heavy, della fusion e del jazz. Viene a mancare il mitico Jeff Beck, idolo di diverse generazioni e che ha incantato il mondo intero. L’artista muore improvvisamente, a 78 anni, a causa di una forma letale di meningite batterica.
Jeff era un simbolo degli anni ’70 che con la sua indiscussa capacità di muovere le mani e le dita sul manico della chitarra, ha nettamente cambiato le sorti della musica rock. Le sue dita erano assicurate per ben 7 milioni di sterline, un vero patrimonio da difendere. Jeff, attraverso la sua musica ha definito un’epoca assicurandosi ben otto Grammy e ottenendo l’Ivor Novello per il contributo alla musica britannica, entrando nella Rock and Roll of Fame sia come solista che con gli Yardbirds.
Ora, tracciare un ricordo del grande chitarrista scomparso, non è certo semplice e di contro, può essere talmente facile da cadere nelle solite banalità e frasi fatte: «Jeff Beck lascia un vuoto nella musica…», «Jeff Beck pioniere della musica rock e fusion» … «Ci ha lasciato uno dei grandi della musica» … eccetera. Il grande Beck non merita lo stereotipo normale di chi ci lascia sulla terra. Beck merita sicuramente un approfondimento su quello che è stato e che ci ha lasciato nel corso della sua carriera, ci ha trasmesso l’orgoglio e la fortissima personalità di un artista che – niente di meno – rifiutò di aggregarsi al mitico gruppo dei Rolling Stones e continuare per la propria strada.
Negli anni ’70 infatti furono quelli dell’incontro con il jazz ma anche quelli del clamoroso rifiuto ai Rolling Stones: Jeff disse no alla band di Mick Jagger e Keith Richards che cercava il sostituto di Mick Taylor. Beck affermò: «Sì, sarei diventato ricco, ma non felice».
Jeff nasce a Wallington, città a sud di Londra e inizia la propria carriera nei primi anni sessanta come turnista e la sua prima registrazione come chitarrista è del 964 per l’etichetta ‘Parlophone’. Un chitarrista eccelso che caratterizzava il suono della sua ‘Fender Stratocaster rigidamente bianca’ con una dolcezza essenziale ed efficace. Nel 1965 gli capitò di essere chiamato dagli Yardbirds che, nel frattempo avevano perso il grande Eric Clapton, trasferitosi nella ‘John Mayall’s Bluesbreakers’. Con Beck gli Yardbirds divennero un gruppo famoso sulla scena del panorama rock britannico.
Capitolo Woodstock: Il 15 agosto 1969 andava in scena uno dei più importanti festival musicali di tutti i tempi, Woodstock. Bethel, una piccola città nello stato di New York, si trasformò in uno dei palchi fondamentali della Cultura Hippy. Gli artisti, che si esibirono in una 3 giorni di musica e amore, hanno fatto la storia del rock, e ancora oggi fanno parlare di loro anche in relazione alla famosa manifestazione. La prima band che disse di no al megafestival furono i Led Zeppelin. I mostri sacri e pionieri dell’hard-rock erano troppo famosi e non volevano essere un semplice gruppo in cartellone. Quel fine settimana, Robert Plant, Jimmy Page, John Paul Jones e John ‘Bonzo’ Bonham suonarono nel New Jersey e nel Connecticut. Anche i Doors dissero di no, o almeno questo disse il chitarrista di Jim Morrison, Robby Krieger: «Non abbiamo mai suonato a Woodstock perché eravamo stupidi e abbiamo rifiutato». A questi si aggregò anche Jeff Beck che rifiutò di esibirsi al festival di Woodstock. All’epoca militava nella formazione ‘Jeff Beck Group’, insieme a Rod Stewart e Ron Wood. Dall’autobiografia di Rod Stewart vien fuori che la band avrebbe dovuto suonare a Bethel, ma non fu così. Beck prese un aereo per tornare a casa prima che il live cominciasse. Questo verso la fine degli anni sessanta quando Beck si dimostrò un abile show man. In alcuni brani suonava anche il violino.
Nel ‘66 Beck condivise il proprio ruolo di chitarra solista degli Yardbirds con Jimmy Page. Con il gruppo riuscì a incidere un unico album, ‘Roger The Engineer’ (1966). Dopo 18 mesi abbandonò la band. Jeff Beck fondò, in seguito un nuovo gruppo ‘Jeff Beck Group’ che vedeva Rod Sewart alla voce, Ron Wood al basso, Nicky Hopkins al pianoforte oltre a Mick Waller alla batteria. Il gruppo incise due album: ‘Truth’ (1968) e ‘Beck-Ola’ (1969). I lavori furono molto ben accolti dalla critica, e sono oggi considerati antesignani dell’hard rock … di fatti precedettero anche se non di molto i lavori dei Led Zeppelin.
Alla fine del 1969, nacquero alcune discussioni all’interno della band che spinsero portarono Rod Stewart e Ron Wood ad abbandonare. Beck creò una seconda metamorfosi della band, con Clive Chapman al basso, Max Middleton alle tastiere Cozy Powell alla batteria e Bob Tench alla voce. Questo gruppo cominciò a percorrere una direzione artistica decisamente diversa dal precedente, intraprese un nuovo progetto musicale, unendo pop, rock, rhytm’n’blues, jazz, anticipando così la fusion. Con questa band pubblicò due album: ‘Rough and Ready’ (1971) e ‘The Jeff Beck Group’ (1972) … Inevitabilmente, anche questa seconda mutazione del ‘Jeff Beck Group’ si sciolse.
Giungiamo nel 1972 quando Beck crea un’altra formazione, il ‘Power Trio Beck Bogert & Appice’ con Carmine Appice alla batteria e Tim Bogert al basso. In pratica, la sezione ritmica dei ‘Vanilla Fudge’ Beck, nel 1975 incise un album solista e decisamente fusion: ‘Blow by Blow’. Il disco ebbe un grande successo e l’artista londinese riuscì a capire che questa formula da solista sarebbe stata quella vincente. Il successivo disco vide la collaborazione di Beck con Jan Hammer per l’album ‘Wired’ (1976), anch’esso molto apprezzato dalla critica. Di seguito decise di incidere in maniera sporadica, dedicandosi a propri lavori solisti o discontinue collaborazioni. Fra i lavori solisti si citano ‘There & Back’ (1980), ‘Flash’ (1985), con Rod Stewart e Jan Hammer, ‘Jeff Beck’s Guitar Shop’ (1989), ‘Crazy Legs’ (1993), ‘Who Else!’ (1999), e ‘You Had It Coming’ (2001), Jeff (2003).
Fra le collaborazioni si possono citare quelle con Jon Bon Jovi, Les Paul, pseudonimo di Lester William Polfuss, Cyndi Lauper, Roger Waters in ‘Amused to Death’, Brian May in ‘Another World), ZZ Top nell’album ‘XXX’, Carlos Santana, Ozzy Osbourne e molti altri artisti di fama mondiale. Il suo ultimo lavoro, è del 2022: fu un album realizzato con l’attore e musicista Johnny Depp intitolato ‘18’ e che i due, poi, promossero insieme con vari concerti. È stato rivelato che proprio Johnny Depp sia stato al capezzale di Jeff Beck ed insieme ad altre rock star prima della sua morte, «avevano un’amicizia davvero stretta, erano estremamente legati, e Johnny si è avvicinato ancora di più durante la scorsa estate quando erano in tournée insieme. La malattia si è manifestata molto rapidamente e tutto è peggiorato velocemente nelle ultime due settimane».
Sono stati tanti i colleghi che in quelle ore hanno ricordato e salutato Jeff Beck.
Jimmy Page: «Il guerriero a sei corde non è più tra noi per farci ammirare l’incantesimo che sapeva tessere intorno alle nostre emozioni mortali. Jeff sapeva canalizzare la musica dalla dimensione immateriale. La sua tecnica era unica. La sua immaginazione apparentemente illimitata. Jeff mancherà a me e a milioni di fan».
Rod Stewart: «Jeff Beck stava su un altro pianeta. Ha portato me e Ronnie Wood negli Stati Uniti alla fine degli anni ’60 nella sua band, il Jeff Beck Group e da allora non ci siamo più guardati indietro. Era uno dei pochi chitarristi che dal vivo mi ascoltava davvero e reagiva a come cantavo».
Mick Jagger: «Con la morte di Jeff Beck abbiamo perso un uomo meraviglioso e uno dei più grandi chitarristi del mondo. Ci mancherà tanto a tutti».
David Gilmoure: «Sono devastato nel sentire la notizia della morte del mio amico ed eroe Jeff Beck, la cui musica ha entusiasmato e ispirato me e innumerevoli altri per così tanti anni. Sarà per sempre nei nostri cuori».