Disabili costretti a interrompere le cure e persone con gravi malattie psichiche e sensoriali inviate in Rsa, residenze sanitarie assistenziali per anziani. Il motivo? Burocratico. In Campania è dura la vita per chi soffre di malattie psichiche e sensoriali: persone che, di fatto, non possono curarsi come dovrebbero. Le cure riabilitative qui vengono sospese per legge dopo 180 giorni, a prescindere dallo stato di salute del malato e delle prescrizioni mediche. Una delibera regionale (la n.164/22), infatti, prevede uno stop alle cure dopo sei mesi: conta solo la burocrazia e i conti da far quadrare, non la salute dei pazienti.
La delibera è «un fine cura per tutte le terapie riabilitative, senza le eccezioni previste invece in tutte le linee guida nazionali» – spiegano i componenti del Comitato Diritto alla Cura che si batte per far approvare una legge di iniziativa popolare che tuteli persone con gravi patologie disabilitanti. La delibera del fine cura è una criticità che fa riferimento ai LEA (acronimo di Livelli Essenziali di Assistenza, nda) e cioè con le prestazioni che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini gratuitamente o dietro pagamento di un ticket. Pur essendo stati recepiti i LEA, manca l’implementazione dell’attività riabilitativa.
Nel giro di pochi mesi, il Comitato Diritto alla Cura ha raccolto oltre diecimila firme, necessarie per avanzare una proposta di legge alla Regione Campania che preveda il diritto alle cure riabilitative per i malati gravi o gravissimi.
La delibera in questione, intanto, è attualmente sospesa perché – come ha precisato qualche settimana fa Vincenzo Alaia, presidente della Commissione Sanità della Regione – «è stato riscontrato un vuoto: le patologie congenite mancavano».
I casi: autistici senza assistenza e diversi suicidi nelle Rsa
A spingere i componenti del Comitato a chiedere una soluzione rapida al problema ci sono diversi casi finiti, nel corso dei mesi, all’attenzione dei media e degli organi competenti. C’è la storia di un paziente cieco, pluriminorato ed epilettico da inviare in una Rsa, una struttura socio assistenziale per anziani, perché sono terminati i canonici 180 giorni di cura presso il centro che lo seguiva.
C’è poi la notizia drammatica di una donna di 67 anni del Napoletano che si è gettata dalla finestra della Rsa in cui era ospite, nel Salernitano. La donna soffriva di diversi disturbi psichici e avrebbe avuto bisogno di un’assistenza dedicata e specifica. Un fatto tutt’altro che isolato: due anni prima, nella stessa zona, un’altra malata ospite di una Rsa si era gettata dalla finestra della sua stanza.
Casi che hanno spinto i componenti del Comitato a denunciare: «Le gravi e gravissime patologie disabilitanti non possono finire nell’imbuto low-cost delle Rsa, luoghi in cui non si ha alcuna specifica competenza».
Il problema riguarda anche i bambini autistici: nello scorso mese di marzo ad Afragola più di cinquanta pazienti – quasi tutti bimbi affetti da autismo – sono rimasti senza terapie, con conseguenze drammatiche e con una potenziale regressione dello stato di salute dei pazienti.
Il Comitato: «Conseguenze devastanti»
Il Comitato che chiede una legge ad hoc è composto da associazioni di malati e delle famiglie dei pazienti, da operatori del settore, specialisti, sindacati dei lavoratori, centri di riabilitazione e da diversi amministratori locali: tutti uniti nel chiedere l’approvazione di una legge di iniziativa popolare per persone con gravi patologie disabilitanti.
Tra i primi promotori e sottoscrittori c’è Antonio Casale, presidente dell’associazione Sos Disabilità, Alba Santangelo dell’associazione AIDA, Lorenzo Latella di Cittadinanzattiva Campania, Fernando Zara di Villa dei Fiori, Gerardo Pagano di Nuovo Elaion, le psicoterapeute Maria Rosaria Tagliamonte e Carmen De Vita, i rappresentanti dei sindacati di Sanità privata Uil Flp e Cisl Fp Salerno, l’avvocato Antonio Angrisani, Marcello Murolo e Annarita Ruggiero del Comitato Civico #iosononicolo
«Non siamo contro la Regione – hanno spiegato a più riprese i componenti del Comitato – ma contro una delibera che ha conseguenze devastanti, anche se probabilmente non era questa la volontà del legislatore».
La proposta di legge è incardinata
Il plico con le firme (oltre undici mila) è stato consegnato in Regione lo scorso 10 gennaio e si è dato via all’iter per trasformare la proposta in legge. La Regione, in realtà, avrebbe avuto 90 giorni di tempo per discutere della proposta e approvarla. Ma i tempi, tra adempimenti burocratici e passaggi nelle varie commissioni, appaiono più lunghi. Il primo parere favorevole è arrivato il 7 febbraio con l’ok da parte della I Commissione consiliare permanente. Successivamente, la proposta è stata per due volte al vaglio della Commissione regionale Sanità. Nell’occasione, il presidente della commissione Vincenzo Alaia, nell’annunciare che la proposta di legge è incardinata, ha rassicurato circa la celerità di approvazione della stessa. L’obiettivo – ha chiarito Alaia – è «assicurare riabilitazione qualificata e continuativa ma anche favorire concretamente l’integrazione del paziente nel contesto familiare e sociale nel quale vive».