Le Edizioni dell’Ippogrifo riportano in libreria, con una nuova edizione aggiornata, “Il sindaco desaparecido. Battipaglia 1953: la scomparsa di Lorenzo Rago. Ombre di mafia e depistaggi. Un mistero italiano” (pagg. 224, euro 16,00) volume nel quale il giornalista Massimiliano Amato, 18 anni fa, ricostruì la misteriosa vicenda di Lorenzo Rago, sindaco di Battipaglia svanito nel nulla la notte del 20 gennaio 1953 mentre rincasava. Per gentile concessione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo l’introduzione.
Non so se la vicenda, terribile e oscura, che racconto in questo volume abbia, per quel che mi riguarda, un qualche grado di affinità o di parentela con il concetto di ossessione. E non sto nemmeno a chiedermelo. Fatto è che, benché già vent’anni fa considerassi ormai chiuso un lavoro che mi aveva tenuto impegnato a lungo, in tutto questo tempo non ho mai smesso di indagare, di ricercare elementi nuovi che potessero consentirmi di delinearne meglio i contorni. Forse perché, come scrivevo nell’introduzione alla prima edizione, la storia di Lorenzo Rago, sindaco di Battipaglia fatto scomparire misteriosamente una fredda notte del gennaio 1953, sembra uscita dalla penna di un romanziere. Ma, essendo integralmente vera (ancorché senza una soluzione certa, ma solo plausibile), cattura chiunque vi si approcci in un abbraccio morboso. è una storia in cui trovano posto tutti gli ingredienti del giallo. Il rapimento. La sparizione. Il coinvolgimento di “entità” misteriose. I loschi traffici rispetto ai quali il principale protagonista (e vittima) non si era limitato a chiudere un occhio come pure avrebbe sconsigliato il ruolo istituzionale che ricopriva, ma addirittura ci si era immerso. Gli intrecci con la grande storia, politica e criminale, di quegli anni. La battaglia a colpi di carta bollata per l’eredità. Perfino una relazione clandestina con una “lady” tanto giovane e bella quanto ambigua e sfuggente. Ricostruirla non fu semplice. Moltissimo materiale era andato irrimediabilmente perduto; in più, le fonti orali sopravvissute si contavano sulle dita di una sola mano, e non tutte si mostrarono in grado di testimoniare, chi per un motivo, chi per un altro.
La soluzione per la quale optai nel 2006, quando questa storia comparve per la prima volta, fu quella del pamphlet. Un’opera, cioè, che si collocasse a metà strada tra la ricostruzione storica (quindi asettica, cronistica) e il “libro a tesi”. Ancora oggi, non so se questo ircocervo può essere definito un “noir” o un libro di storia tout court. Ricordo per certo che l’ispirazione finale la trassi dalla rilettura de “La scomparsa di Majorana”, fondamentale saggio pubblicato nel 1975 da Leonardo Sciascia. Ma, ovviamente, ora come allora non sono così presuntuoso da proporre improbabili paralleli tra il mio modesto lavoro di ricostruzione e il volume del Grande Siciliano sulla scomparsa del famoso fisico nucleare.
Lavorando alla prima versione, mentre procedevo nelle ricerche incollando pazientemente piccoli, quasi insignificanti, pezzetti di verità uno dietro l’altro, il quadro di responsabilità che emerse in ordine alla scomparsa di Lorenzo Rago risultò, si direbbe detto un tempo in termini giudiziari, “univoco”. Il rapimento e la probabilissima eliminazione fisica del sindaco di Battipaglia (con conseguente occultamento del cadavere), costituirono un tassello non secondario, ancorché accidentale, di una partita molto sporca che forze oscure furono impegnate, nel periodo a cavallo tra il primo dopoguerra e il cosiddetto “boom”, a giocare sulla pelle della giovanissima (e quindi molto vulnerabile) democrazia italiana, nata meno di 7 anni prima. Meglio di me illustra questo “vulnus” inferto alle istituzioni nate dalla Resistenza il professor Gianni Cerchia, nella sua lucida prefazione.
Tuttavia anche questa nuova edizione, che contiene un capitolo nuovo di zecca sui collegamenti tra le indagini sulla scomparsa di Lorenzo Rago e quelle sulla morte di Wilma Montesi e numerosi altri paragrafi che hanno determinato una sostanziale riscrittura dell’opera, attraverso una ricostruzione talvolta solo più dettagliata, talaltra totalmente inedita di alcune vicende dettata da nuove acquisizioni documentali, si chiude come si chiuse, settant’anni fa, l’indagine giudiziaria. Pur cercandoli assiduamente, non ho mai trovato, né nel 2006, né oggi, eventuali riscontri che avrebbero potuto permettere la riapertura del processo, sia in sede storica che in sede giudiziaria. Alla fine mi sono convinto, però, che non era quello il mio compito. Come l’inchiesta, anche quest’opera arriva all’epilogo senza una verità giudiziariamente accertabile. Quella a cui sono giunto nella prima edizione, e che qui ribadisco, è una “probabile” verità, basata su dati fattuali e storici. Diciamo che ci ho provato, anche per rimuovere il macigno che per tantissimi anni, prima che questo libro vedesse la luce, ha schiacciato la vicenda: quello della rimozione a tutti i costi. Ancorché oscura, la sparizione di Lorenzo Rago quasi non aveva lasciato tracce nella storia recente di Battipaglia. So bene che non è (e non può essere) così: ma è come se un’accorta regia abbia decretato, per circa mezzo secolo, una sorta di embargo della memoria. Meno si parlava (e si scriveva), meglio era. Questo lavoro ebbe, quasi 20 anni fa, l’effetto di far saltare il tappo. Alla mia è seguita, a distanza di poco tempo, un’altra ricostruzione della vicenda, anch’essa molto documentata e contenuta in un volume che metteva insieme diversi “cold case”. E, una volta tornata in superficie, la storia ha ispirato – e non poteva essere altrimenti – molti articoli di giornale, un’opera cinematografica: il corto “Il silenzio di Lorenzo”, del regista-attore Nicola Acunzo, che ha avuto una discreta diffusione nei circuiti festivalieri dedicati al genere, e uno spettacolo teatrale, per la regia di Giancarlo Sammartano con lo stesso Acunzo nei panni di Rago, e alla cui drammaturgia ho contribuito, con Paolo Floris.
Questa seconda edizione ha in appendice un’intervista al principale ispiratore di questo lavoro: l’avvocato Enrico Giovine, scomparso a 91 anni nell’aprile del 2023, che mi raccontò la storia che provo a ricostruire quasi un’era geologica fa, quando cioè (primissimi anni Novanta del secolo scorso) ero un giovane cronista giudiziario che batteva quotidianamente le aule e i corridoi del vecchio Tribunale di Salerno. Lo fece, come d’abitudine, in maniera particolareggiata: partendo, cioè, dai cosiddetti “dati di scenario” per finire alle minuzie. Don Enrico ha cavalcato da protagonista quasi 70 anni di storia della provincia di Salerno: cominciò giovanissimo ad occuparsi di politica (nella democrazia cristiana) abbinando sempre alla pratica forense – un autentico e irreprensibile magistero in ambito penale – l’attività di politico e amministratore. Ebbe un ruolo di primissimo piano nell’applicazione della Riforma Agraria in tutta la Piana del Sele, fu consigliere comunale, assessore e sindaco di Battipaglia in frangenti delicatissimi per la vita di quella città. Maturando una vastissima esperienza che gli ha permesso, fino alla morte, di rappresentare la “memoria storica”, invidiabilmente lucida, non solo dell’avvocatura, ma anche dell’intera classe politica salernitana. L’intervista che pubblico in appendice, realizzata nel mese di novembre del 2022, è stata probabilmente l’ultima rilasciata da don Enrico, verso il quale ho maturato un inestinguibile debito di riconoscenza per i saggi e paterni consigli che mi ha regalato in più di trent’anni di affettuosa amicizia e paterna benevolenza. Non lo rimpiangerò, non lo rimpiangeremo, mai abbastanza per tutto quello che ha saputo darci. Questa seconda edizione è dedicata, oltre che ai miei genitori scomparsi nel frattempo, anche a lui.