Se i social dettano la linea dell’istruzione. E la scuola tace

L'istituzione scolastica avrebbe dovuto dare agli studenti gli strumenti per vivere i social con i giusti tempi. E, invece, è successo il contrario. I contenuti vanno rinnovati. Sempre. Presto. Comunque. Le attività devono essere tante, tantissime. Anche se poi capita che si sponsorizzino cose che si sanno fuori e non dentro la scuola. Un po’ come accade, secondo il proverbio napoletano, sulla “Nave 'e Franceschiello”, dove “a poppa cumbattevano e a prora nun 'o sapevano” (“a poppa combattevano e a prua non lo sapevano”)

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La scuola avrebbe dovuto dare agli studenti gli strumenti per usare in maniera equilibrata i social. E, invece, è successo il contrario. Fanno tendenza quegli Istituti più bravi e più veloci ad auto-promuoversi con un’immagine o un video sui vari canali. Come se il successo del sapere fosse uno slogan. E, cosa triste, a nessuno interessa sapere cosa ci sia dietro la frase ad effetto.

Attività varie di ordinaria didattica di una scuola, che tutti vogliono a settimana corta, ma di cui si deve parlare anche nei giorni festivi, rimbalzano da una chat all’altra, a tutte le ore del giorno e della notte. Ce n’è per tutti: studenti, docenti e famiglie.

La smania di mostrare, di far vedere agli altri – A chi? – di portare fuori – Dove? – di far sapere cosa succede nelle quattro mura di un’aula ci cala in una fase pornografica della scuola che, come una meretrice va con tutti, a costo zero. E a zero fatica. Tutto viene presentato come facile. E divertente. E ai ragazzi, o peggio ai bambini, è detto di mettersi a favore di camera, perché le loro piccole mani, intente a colorare un foglio di carta, possano intenerire e raccogliere quanti più like del mondo virtuale. E i piccoli rispondono con quella naturalezza, che è educazione all’artificio. Alla menzogna. Educati all’apparire più che all’essere.

Ribaltone e deriva della missione educativa!

Fianco chiaramente offerto alle critiche di chi, vedendosi arrivare un certo contenuto, senza alcuna competenza – ché tanto il web rende tutti ugualmente esperti di ogni sapere – è pronto a sentenziare e a giudicare. E, per paura delle critiche, l’errore viene tolto, corretto, nascosto. Dell’errore, insomma, che è presupposto fondamentale dell’apprendimento, non c’è traccia! Balzato via dal processo che conduce al sapere, come se non fosse mai stato.

Ribaltone della pedagogia ed esaltazione della perfezione! Tutti bravi, bravissimi. Mentre i dubbi, gli imbarazzi, i perché senza risposta non trovano spazio. E si alimentano in un disagio solitario e nei silenzi dei nostri figli, che, com’è giusto e bello che sia, si vedono imperfetti.

La vita scolastica si specchia in un riflesso che è oggetto d’incantesimo. Mentre il lavoro certosino ed artigiano, che, per fortuna, ancora resiste, resta taciuto, scorrendo nella reale realtà di una vita senza filtri, che è preferibile non mostrare a nessuno.

La scuola avrebbe dovuto dare agli studenti gli strumenti per vivere i social con i giusti tempi. E, invece, è successo il contrario. I contenuti vanno rinnovati. Sempre. Presto. Comunque. Le attività devono essere tante, tantissime. Anche se poi capita che si sponsorizzino cose che si sanno fuori e non dentro la scuola. Un po’ come accade, secondo il proverbio napoletano, sulla “Nave ‘e Franceschiello”, dove “a poppa cumbattevano e a prora nun ‘o sapevano” (“a poppa combattevano e a prua non lo sapevano”).

E la vita regolare che si svolge tra banchi e cattedre, proiettata fuori, sembra quella del falso documento, sempre partenopeo, del “Facite ammuina”: All’ordine Facite Ammuina: tutti chilli che stanno a prora vann’ a poppa e chilli che stann’ a poppa vann’ a prora: chilli che stann’ a dritta vann’ a sinistra e chilli che stanno a sinistra vann’ a dritta: tutti chilli che stanno abbascio vann’ ncoppa e chilli che stanno ncoppa vann’ bascio passann’ tutti p’o stesso pertuso: chi nun tene nient’ a ffà, s’ aremeni a ‘cca e a ‘ll à”. Che vuole dire: All’ordine Facite Ammuina, tutti coloro che stanno a prua vadano a poppa e quelli a poppa vadano a prua; quelli a dritta vadano a sinistra e quelli a sinistra vadano a dritta; tutti quelli sottocoperta salgano sul ponte, e quelli sul ponte scendano sottocoperta, passando tutti per lo stesso boccaporto; chi non ha niente da fare, si dia da fare qua e là”. Questo sarebbe stato l’ordine in occasione di visita delle alte autorità del Regno.

Ecco: la scuola italiana si sente sempre un po’ sotto osservazione di altre – non alte – autorità.

Ed ancora non è iniziata la stagione degli open day

 

 

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