Sostiene Marchionne: il boom delle auto elettriche non c’è

Motivi funzionali, nazionalisti o di attendismo non hanno ancora consentito al mercato di decollare. E il futuro pare sempre più virare sulle celle a idrogeno

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Milano Finanza ricordava pochi giorni fa che a ottobre 2017, un anno prima della morte, Sergio Marchionne nella sua Lectio Magistralis, in occasione della sua laurea honoris causa in ingegneria a UniTrento, fece una gigante critica al settore delle auto elettriche: “Le auto elettriche possono sembrare una meraviglia tecnologica … ma si tratta di un’arma a doppio taglio … forzare l’introduzione dell’elettrico su scala globale senza prima risolvere il problema di come produrre l’energia da fonti rinnovabili” e aggiunse una cosa che a molti sembrò una battuta “per ogni auto elettrica che produco, perdo 14.000 €… se non la comprate mi fate un piacere”.

Oggi a distanza di sette anni, ad eccezione della Norvegia -caso unico in Europa, con immatricolazioni di auto elettriche intorno all’80% del totale- nel resto d’Europa si hanno percentuali molto più basse: i Paesi più avanti (Germania, Francia e Gran Bretagna) si sono attestati tra il 15 e il 20%, mentre Italia e Spagna, nonostante gli incentivi, sono appena tra il 6 e il 12%. Negli ultimi due anni l’Europa ha dimostrato forti perplessità e il mercato delle auto elettriche si è stabilizzato su livelli inferiori rispetto alle aspettative iniziali, e nonostante gli sforzi per promuovere questa tecnologia, le vendite non sono cresciute come previsto.

Tanti i motivi: funzionali, nazionalisti e di attendismo. Ad esempio in Italia, patria delle auto da città, è diffuso tra le donne il terrore di rimanere senza carica con le piccole auto elettriche che fanno poco più di 100 km con una carica (questo è stato il flop della Smart elettrica); altro motivo è che le perplessità nei confronti dei prodotti fatti in Cina sono ancora tanti, troppi; poi i prezzi eccessivi per un oggetto che appare più o meno come un device totalmente digitale… e infine la convinzione, che si sta facendo strada, che le batterie siano solo una transizione verso altre soluzioni ecologiche definitive.

Auto ibride e motori a basse emissioni: in attesa di…

… ed ecco la frenata, il mercato automobilistico europeo si sta muovendo verso soluzioni di transizione che offrono un compromesso tra efficienza energetica e praticità. Le auto ibride, che combinano un motore elettrico con uno a combustione interna, stanno guadagnando popolarità in quanto consentono di ridurre le emissioni di CO2 in città senza sacrificare l’autonomia o un pieno rapido… e diciamolo! Gli stessi venditori auto, sotto sotto, indirizzano gli acquirenti verso le ibride.

Un esempio di successo in questo settore è la Volkswagen Golf GTE, un’auto ibrida plug-in che permette di percorrere in città brevi distanze in elettrico, ma che utilizza un motore a benzina per viaggi più lunghi. Un’altra auto ibrida plug-in di rilievo è la BMW Serie 3 ibrida, che combina prestazioni sportive con un’efficienza energetica ottimale, ma anche modelli come la Renault Clio E-Tech e la Peugeot 3008 Hybrid4 dimostrano come le auto ibride stiano diventando una scelta per coloro che cercano veicoli a basse emissioni senza doversi affidare completamente all’elettrico.

Oltre alla tecnica ibrida, i produttori stanno rivedendo i motori a combustione interna per ridurre le emissioni con un occhio serio al diesel che -nonostante l’ostracismo politico- si dimostra il più efficiente con rendimenti massimi teorici del 45-50% contro il 35-40% dei benzina. Questo sta portando allo sviluppo di modelli a bassissime emissioni, come parte di una strategia per ridurre l’impatto ambientale dei veicoli senza dover affrontare limitazioni di ricarica elettrica.

La vera soluzione futura? Le celle a idrogeno

Sebbene le auto elettriche a batteria siano state al centro dell’attenzione negli ultimi anni, molti esperti sono da tempo perplessi sulla scelta tecnologica, Marchionne fu tra i primissimi, e alcune aziende europee stanno puntando sulle auto a celle di idrogeno (FCEV – Fuel Cell Electric Vehicles) come la vera alternativa a lungo termine per una mobilità sostenibile. Le celle a idrogeno offrono una serie di vantaggi rispetto alle batterie, tra cui tempi di rifornimento uguali a quelli attuali per benzina e diesel, una maggiore autonomia e caratteristiche che le rendono particolarmente adatte alle lunghe distanze, indispensabili soprattutto ai veicoli commerciali.

A differenza delle auto elettriche a batteria, le FCEV utilizzano l’idrogeno per produrre elettricità a bordo, un’auto media percorre circa 600 km con un pieno di 5 litri, con l’unico prodotto di scarto rappresentato dal vapore acqueo. Questo elimina la necessità di grandi batterie e riduce la dipendenza da materie prime rare, come il litio di cui la Cina è monopolista. In Europa, marchi come Toyota e Hyundai stanno già commercializzando veicoli a idrogeno, mentre altre case europee, come BMW, stanno investendo nella ricerca e nello sviluppo di questa tecnologia.

È risaputo che questa tecnologia porta altri problemi come l’elevata energia necessaria per l’elettrolisi dall’acqua, in quanto non avrebbe senso per l’ambiente produrre l’idrogeno dal metano o dal carbon fossile, la sicurezza nei rifornimenti, i serbatoi più pesanti, il degrado delle celle, etc.., ma tutto si risolve con la ricerca e le auto a celle a idrogeno offrono un potenziale per la mobilità green. Il futuro più promettente è la possibilità di produrre l’idrogeno utilizzando fonti di energia rinnovabile, creando così un ciclo di produzione e consumo completamente sostenibile. In questo contesto, diversi paesi europei stanno già investendo nello sviluppo di infrastrutture per la produzione e distribuzione di idrogeno verde, con l’obiettivo di rendere l’idrogeno una parte centrale del futuro energetico.

…È stato bello e molto conveniente portare in Cina la nostra manifatturiera a basso costo, dove i nostri imprenditori hanno straguadagnato, ma ora è palese che ci siamo affogati con le nostre stesse mani; andare a fare le nostre auto elettriche in Cina significa migliorare il loro gap tecnologico di cui hanno bisogno, perché di soldi gliene abbiamo portato già tanti in trenta anni: ora è tassativo ridurre la nostra dipendenza perché, la Cina con finanziamenti occulti e territori industriali dati aggratis a (presunte) aziende private per gli impianti, fa concorrenza internazionale sleale: non fa pensare che in Cina siano nate case automobilistiche come funghi?… il busillis sul tavolo di trattative tra Europa e Cina è proprio questo: contrastare il finanziamento a zero del settore auto che poi pretende di rastrellare finanza pregiata in Occidente con veicoli a metà prezzo di quelli europei.

Si apre un altro fronte ad est, fortunatamente solo commerciale… forse.

 

 

Carlo De Sio

Laureato in Scienze Politiche ed Economiche, con Master in Psicologia sociale e P.R, ha lavorato nella Comunicazione d’impresa e nelle Relazioni Pubbliche per oltre 40 anni. Ha fatto parte dei direttivi di Organismi nazionali quali ACPI-Milano, FERPI-Milano e Confindustria. E’ iscritto all’Ordine dei Giornalisti dal 1999.
Fa parte di un gruppo di specialisti per la revisione di testi generati dall’I.A. e partecipa nel Deep Web a un gruppo di approfondimento che ha come focus notizie e valutazioni sulle crisi politiche in atto.

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