L’impresa come il teatro: maschere e volti del business

Corsini e Tribuzio sono autori di una raccolta di racconti brevi, storie corte dal marcato sapore pirandelliano che si snodano davanti al lettore in una varietà di situazioni, tipiche del vivere dell’impresa

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È uscito in questi giorni Maschere e volti di banca e d’impresa. Racconti minimi dalla quotidianità del lavoro.
Gli autori sono Daniele Corsini e Pasquale Tribuzio per le Edizioni GoWare, pagine 207, 6,99 euro in formato Kindle, 16 in copertina flessibile, disponibile su Amazon e primarie piattaforme editoriali.

È una raccolta di racconti brevi, di storie corte dal marcato sapore pirandelliano che si snodano davanti al lettore in una varietà di situazioni, tipiche del vivere dell’impresa. Poco è come sembra nella realtà imprenditoriale e bancaria del nostro paese o come possiamo leggere nei manuali di economia aziendale e di diritto commerciale. Il libro è una scomposizione del tessuto imprenditoriale, attraverso figure immaginarie, ma con un forte radicamento nel reale. Contraddittorie, approssimative, egocentriche, emblematiche, talvolta un pò macchiette, tal altra a lottare contro pregiudizi e superficialità. È il limite del nostro sistema capitalistico che presenta sulla scena individui alle prese ora con questioni di potere, ora con irresolubili problemi finanziari, con ambizioni irrealizzabili o altre controverse decisioni che finiscono per deviare da una conduzione lineare dell’attività economica. Così agendo, paradossalmente producono danni.

Il danno è per coloro che a vario titolo partecipano agli eventi economici, principalmente dipendenti, lavoratori e risparmiatori. La lista degli interlocutori e dei ruoli che essi rivestono nella impresa è cospicua, tanto da tradursi in un nominalismo che allontana dalla realtà. “Conosci il nome che ti hanno dato, non conosci il nome che hai”. Invero, vi è indulgenza nelle attribuzioni di compiti aziendali come dimostra la meticolosa lista delle nomenclature alla fine del libro. Quasi sei pagine infarcite di posizioni lavorative che danno conto dell’attenzione certosina (o maniacale?), con cui sono predisposti certi organigrammi aziendali. Differenze minime che inducono a pensare che gli approcci organizzativi non abbiano forti radicamenti nella teoria.

L’intonazione di numerosi racconti è ironica, a volte sarcastica, financo irridente. Un vero spettacolo teatrale dove spesso si recita a soggetto dai tanti che ruotano attorno alle funzioni del core business della impresa o della banca.

Il beneficio di un libro siffatto è che ci aiuta a svelare i limiti di certa classe manageriale, cui noi stessi pure apparteniamo. Se il Re è nudo, anche le maschere sono nude.

Gli autori tengono tuttavia a precisare che da queste storie non si deve ricavare l’impressione di una cultura contraria all’impresa. Tutt’altro. E dichiarano che “vedere l’impresa attraverso atteggiamenti controversi aiuta a migliorarci, come imprenditori e come manager, per contenere gli effetti di personalismi e irrazionalità”.

In questa complessa operazione, culturale e letteraria, non vi è nulla di pessimistico sulle prospettive della nostra società, ma vi è molto della necessità di rappresentare ciò che è paradossale, inatteso, fuori posto nei canoni ordinamentali dell’homo oeconomicus e di come egli dovrebbe muoversi sulla scena. I due autori sono abili a confezionare il libro, come se andasse in scena a teatro, senza un Io narrante, quasi a proporci storie da dietro le quinte, e quindi prive di qualsiasi manieristica rappresentazione. Si capisce come i racconti siano frutto di un vissuto dall’interno, grazie alle molteplici esperienze in posizioni dirigenziali degli autori.

La scelta della analogia teatrale ci porta alla componente più didascalica dei racconti e cioè che dentro l’impresa, troviamo a volte un’altra impresa e dentro la banca troviamo un’altra banca, rispetto a come esse stesse intendono rappresentarsi.

I casi narrati, immaginari, ma non troppo, possono anche fornire utili argomenti di discussione e di studio nelle scuole di management, trovando il punto di caduta nella necessità di migliorare la governance d’impresa che resta pur sempre la questione più difficile da dipanare, per una modernità di cui restiamo troppo spesso in attesa.

Gerardo Coppola

È stato nella carriera direttiva prima e in quella dirigenziale poi di Banca d’Italia, occupandosi delle funzioni istituzionali in campo bancario e finanziario. Oggi è scrittore, saggista e giornalista e segue numerose iniziative a carattere divulgativo e comunicativo. Nel 2017 ha fondato il blog www.economiaefinazaverde.it

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